mercoledì 21 dicembre 2011

Koh Phi Phi, le sette meraviglie e il nuovo amore

L'isola è bela, non c'è che dire,
non è una situazione paradisiaca però, perché c'è questo problema del turismo tumultuoso. Il villaggio dell'isola è piccolo è i turisti sono come mosche e purtroppo non quel tipo di turismo che piace a me, che comunque deve essere più blando. Qui è ragazzino alcolico in cerca di sesso e musica. Ovvero, con una media che rasenta i 24 anni, la sera li vedi tutti palestrati senza maglietta a fare i finti matti per le strade parlando tutti insieme con quei suoni  tipici delle scimmi e credo dicano all'unisono: Whats'up bro? Come on bro! Free drink bro? Immagina venti ragazzini palestrati, a torso nudo, abbronzati, che si muovono tutti gobbi e all'unisono, ma senza armonia ripetono ad alta voce ste cose continuamente. Sembra davvero di passare in mezzo ad un branco di scimmie. Poi la cosa strana è che qui sono quasi tutti, almeno in questo periodo, biondi, gobbi e bassini. Sembrano DAVVERO scimmie non sto scherzando. Facendo a gara a chi si è fatto il tatuaggio più brutto.
 I posti per ritirarsi sono pochi, l'ottimo Rolling Stones Bar, dove ascoltare tutte le sere ottimo rock dal vivo e bere una birra, poi ci si può spostare al Banana, un bar sul tetto, molto carino, cove purtoppo la musica (musica?) lascai un po' a desiderare, il posto ha il taglio del reggae bar, ma mette solo rap. QUindi ci passo massimo un oretta, proprio perché sennò non si può davvero fare nulla e poi ce la spiaggia, però una sera in spiaggia qui no è rilassante, è pieno di locali, musica disco e le scimmie che girano lanciando i loro volantini, ridendo in maniera sguaiata e facendo casino. La mattina è pieno di ragazzi fasciati, nasi rotti, tagli ovunque. Loro bevono, si alcolizzano senza nessuna cognizione di causa e fanno dei botti micidiali. Ogni mattiba è un tripudio di fasciature e tintura di iodio.
Ci sono altre spiagge, ma sono lontane e poco accessibili.
Maya bay, la piccola baia dove c'è la famosa spiaggia è strepitosa, bellissima, chiaramente una delle spiagge più belle del mondo. Solo che non te la puoi gustare un secondo. E' quasi difficile da vedere per tutte le barche che ci sono e tutti i turisti, non tanto in spiaggia, quanto in visita. E' davvero pazzesco. Un peccato, perché è un posto magico, che forse si potrebbe preservare regolando il turismo diversamente, non so.  Come dice Polly però, sì è un peccato, ma non potrebbe essere diversamente. Forse si, forse no. E' per loro di sicuro una miniera d'oro.  Non posso pensare a che spettacolo stiamo perdendo. E' un posto che per ora va a concludere la mia personale lista delle 7 meraviglie, immagino il clamore se l'avessi vista in silenzio e senza nessuno. Cosa che non può succedere in nessuno dei 365 giorni dell'anno.

- Halong bay
- Sahara
- Maya bay
- El gizra
- Gunung kawi
- Soroa
- Marettimo

Tolto il primo posto e forse il secondo, gli altri posso variare in base al mio stato d'animo, in quanto a posizioni. Raily stava per scalzare Marettimo, sono sincero, ma rimane così un po' per affetto, un po' perché Raily come "costruzione" è simile a Maya e Halong. Raily e Uluwatu, perché anche quel posto è stato in lizza) entrano nella stand by list personale.

Di mio ho trovato il modo per passare bene il tempo qui, altrimenti dopo tre giorni, hai visto l'isola e scappi. Mi sono innamorato. NOn di una donna ma di un'attività. Scuba diving.
LE immersioni sono una cosa fantastica. Attendevo di essere in Thailandia per provare e la prova è diventata parte della vita. Ho fatto i due corsi base, attendo di andare a Koh Tao per proseguire il terzo corso e so che diventerò Divemaster, non ora perché devo finire Laos Cambodia devo andare a in Australia, ma dopo. Finito questo torno e per qualche mese questa sarà la mia vita. Sott'acqua, perché c'è tanta magia li sotto. Perché il giorno che ho visto e visitato il relitto di un traghetto a largo di Phi Phi il island, entrandoci dentro, scattare qualche foto, vedere quell'immensa fauna è stato uno dei giorni più belli della mia vita, quasi come lo scudetto della Roma, il giorno della mia Laurea, il giorno che ho visitato Halong Bay, quando ho dormito nel deserto. Uno di quei giorni che non dimenticherai mai. Ne voglio altri. Voglio specializzare la mia fotografia. Voglio respirare sott'acqua ancora a lungo. Mi fermerò, ma non so ancora dove, forse Koh Tao, forse Koh Phi Phi, forse un altro posto. Intanto qui sotto metto un piccolo video, pochi secondi, fatti con la compattina mentre attraversavo la pancia del relitto, il King Cruiser. Devo ringraziare il mio istruttore della Viking Divers, svizzero francofono che non mi era simpatico i primi minuti, ma si è rivelato subito un ottimo ragazzo e un fantastico istruttore. Forse ci rincontreremo per altre immersioni. Ciao Jey.





giovedì 15 dicembre 2011

THAILAND AGAIN




Sono tornato. Come promesso.
Rientrati in Thailandia il 21 Novembre ci siamo dedciati alla sua capitale con discreta perizia, tralasciando qualche monumento, solo qualcuno e cercando di respirare al meglio la sua aria, il suo sudore.
Bangkok si sta ora leccando le ferite lasciate dall’allagamento recentissimo, ancora si vedono sacchi in giro preventivi e l’acqua è rimasta poco solo al nord dove i problemi erano davvero grandi. Per questo ho dovuto saltare il suo mercato più bello, Chatuchack, assaggiando avidamente almeno quello di Chinatown. Non è facile raccontare Bangkok perché è una città che conoscono in tantissimi, per questo non mi soffermo più di tanto.
E’ caotica, tanto caotica, estremamente colorata, regno dello shopping a bassissimo costo (ho trovato finalmente il tanto cercato anello con teschio in argento, strepitoso). Bangkok mi piace tanto, turistica, ma di un turismo anche particolare. Gira tanta gente strana da queste parti, quello strano che mi piace, oltre al banale turista e al “mignottaro” ci sono molti viaggiatori e moltissimi expat stabilitisi in qiesta splendido angolo di mondo.  Non conscendo il luogo a priopri abbiamo scelto il punto più turistico, Khao San Road. L’ho apprezzata moltissimo, nonostante il turismo i prezzi sono davvero bassi rispetto al resto della città, si dorme bene per poco e si mangia altrettanto bene per pochissimo. M’aspettavo il posto più caro della Thailandia e forse, tolto il nord, è il più economico.
Ho incontrato un amico che si è trasferito qui dopo anni di visite ed è entusiasta, questo è il suo paese dice e questa la sua città, lpincontro era previsto sin dalla scorsa volta ceh son venuto. Non previsto e quindi fantastico è stato l’incontro con un ragazzo conosciuto in Indonesia, queando ero nel paradiso della mia piccola isoletta: Ruben. Abbiamo passato un paio di serate almeno insieme, con il carissimo gruppo di Barcellona, parlando di lavori futuri e dell’Australia. Convinto che lo avrei rincontrato probabilmente laggiù è stato stranissimo rivederlo di fronte ad una bancarella di Pad thai qui a Khao San. Un'altra serata passata insieme a pralare dell’Australia che per lui p giù stata e per me sarà.
Non è facile per me esser preda di un posto turistico, eppure mi sono innamorato di Khao San road e del suo mercatino e dei suoi turisti e delle sue cavallette fritte. La colorata Soi Cowboy, presidio di zoccole e turisti un po’ più tristi, m’ha un po’ deluso, non male da fotografare visti i colori ,ma niente di più.
Incantevole Bangkok, magica Bangkok. Piena e strapiena di puttane e di seveneleven.
Non mi sono dato alla fotografia pazza Ho respirato, come dicevo, la capitale del regno e mangiata e scoperta e gustata. Digerita poi. Mi piace. Passati tranquilli sette giorni abbiamo fatto una pausa di un giorno a Pattaya in direzione Koh Samet. Pattaya è il più grande puttanaio che abbia mai visto in vita mia. Sia per quantità che per qualità. Una soy cowboy all’ennesima potenza, dove principalmente vedi turisti russi e poi il resto. Un’inversimile quantità di sesso a pagamento, quadretto indimenticabile una fanciulla con cartello rosa, seduta e stanca. Sul cartello c’era scritto: Please Fuck me. Lo chiede per favore,  eppure devi portare bath in dono. Koh Samet poi, decisa delusione. T’aspetti di più da un isola Thailandese. Non male per carità, ma un isola che puoi trovare ovunque, divertente da girare con lo scooter causa una strada che la taglia a metà davvero disastrata e ti fa sembrare d’aver intrapreso un cross country dal sapore siamese. Discrete spiagge, grazie a Nostro Signore vuote perché i turisti, qui ci sono tra i peggiori turisti, quelli più scemi, sono tutti ammassati su un'unica spiaggetta al nord, la più brutta anche se fosse vuota. Gente stipata in terza fila con l’ombrellone, quando la spiaggia diventa più bella e vuota a circa cento metri più in lò. Davvero difficile comprendere certe scelte. Hanno paura di sentirsi soli?
Koh Samet e Pattaya sono posti davvero più “expensive” rispetto a Bangkok, ma sempre tutto affrontabile.
Si ritorna dopo soli quattro giorni a Bangkok, sosta per un altro paio e giù a Hua Hin, a trovare lo zio di Polly, a cambiare un po’ i bagagli (abbiamo lasciato li la grande valigia che ora è in direzione Italia), in vista dell’Australia. Dovevamo fermarci solo tre giorni, fare una serata di pizza e via. Purtoppo come per magia, ancora una volta in questa piazza prendo la febbre. Ci risiamo e stavolta davvero forte. Quattro giorni, con i primi due affrontando 39° ch con questo caldo sono davvero duri. Passano velocemente, menomale e giù verso nuove mete soleggiate e desiderate.
Krabi, precisamente Raily beach è MERAVIGLIOSA. Una delle spiagge più belle mai viste in vita mia. Dico male, non la spiaggia in sé, che adir il vero è più bella quella accanto, Tonasi Beach, ma tutto il luogo. E’ favoloso, ricorda Halong bay, meno impressionante, ma
 con un mare più bello e una costa più clorata colorata, con forti tinte d’arancio. Meta per gli scalatori; mi sfiora l’idea di fare un corso veloce di un giorno di scalata, ma devo salvare i soldi per un corso che farò a Phi Phi Ilsand: Quello per immergermi con la mia Canon e fare foto anche lì sotto…
Raily è uno dei posti più costosi della Thailandia, un posto più da ricchi, ma riesci a ritagliarti un po’ di vita backpacker se sai muoverti. Un bungalow 500 Bath qui è una rarità, ma siamo riusciti a cavarcela. Due giorni di visita in questo paradiso terrestre. Davvero un posto da non perdere. Solo per una visita, perché in fin dei conti è noioso. Noioso, ma bellissimo. Ci fossero bungalow proprio sulla spiaggia potrei rimanere un anno sia chiaro…
Ripartiamo ancora verso il posto più turistico e ambito della Thailandia, lo aspettavo da tanto tempo, l’ormai mitica Koh Phi Phi, resa tale dal film “The beach” di Leonardo di Caprio al termine dell’ultimo millennio. In vero poi non si sta su quell’isola, ma sulla sua sorella maggiore (Phi Phi Doh), quella spiaggia è Maya bay e si trova nella Phi Phi più piccola (Phi Phi Leh).
Qui mi fermerò un po’, per il corso di immersione, per riposare le stanche (?) membra, per prendere il mio meritato sole .
Non devo dimenticare di raccontare i giusti aneddoti:
Arrivato a Krabi faccio un bel botto incespicando sullo zaino fotografico, non male sia il dolore che la spettacolarità dell’evento che stranamente non suscita ilarità, ho seguito i capitombolo di Polly all’uscita da Pattaya (caduta con lo zaino più grosso di lei) che aveva comunque seguito un mio primo a Bangkok, più leggero, uscito dal bagno. Faccio il bis a Tonsai beach con il mio Iphone. Ancora in acqua. Ancora dimenticanza nella tasca del costume. Non dovevo entrare in acqua, solo fare un piccolo passaggio, ma l’acqua era più alta del previsto e io mi ero dimenticato momentaneamente che il mio secondo Iphone non era in borsa. Faccio anche un triplete delle cadute, ieri notte, dal letto, forse causa sogno non so, ho avuto la prontessa nella caduta di evitare di atterrare sul computer, almeno questo danno è scampato!

martedì 6 dicembre 2011

giovedì 24 novembre 2011

Halong Bay, Hanoi e tanti saluti

I miei post sono sempre più lunghi, spero abbiate la pazienza di leggere, comunque pochi minuti e salutare con me questo posto.

Nessuna delusione.
Direi il contrario, m’aspettavo tanto, ero carico d’attese come ho scritto, ma non credevo di vedere qualcosa del genere. Inverosimile o IMPRESSIONANTE, come diceva trenta quaranta volte al giorno la nostra ultima compagna di viaggio qui in Vietnam.
Halong Bay merita ogni cosa, merita il viaggio in Vietnam fosse anche solo per visitare esclusivamente questo posto,
Ho fatto stavolta una scelta azzeccatissima: Sostare a Cat Ba Island e visitare Halong Bay da qui. Cat Ba è L’isola più grande ed è a Sud di Halong Bay.
Ora non so come poter descrivere a parole lo spettacolo che mi si è presentato e so che per quanto siano belle le fotografie che ho fatto o che hanno fatto fotografi più bravi di me, non è possibile comprendere a pieno questo luogo se non si visita in prima persona. Non basta nemmeno fare un giro in barca, bisogna scendere in acqua, in Kayak e visitare posti altrimenti non raggiungibili. .
Grotte stupefacenti, insenature paradisiache. L’apice l’ho raggiunt con un momento che si è tatuato nella mia memoria. Entriamo in un insenatura, un piccola grotta, pensiamo una delle tante, da visitare. La grotta finisce subito regalandoci dall’altra parte un luogo che sembra incantato: Un piccolissimo mare interno all’isolotto (cene sono circa 3000), completamente racchiuso, abbracciato, dall’isola. Ripeto, accessibile esclusivamente da una piccola grotta, sembra la bocca di un vulcano. Non c’era assolutamente nessuno. Volevo dire qualcosa a Polly, esprimere lo stupore, ma siamo rimasti in silenzio (cosa molto rara per me), perché tutto era troppo e ogni parola fuori luogo. Una bellezza maestosa. Già eravamo ad Halong Bay, uno dei luoghi naturali più belli del mondo, ma questo angolo è stato un vero colpo di fortuna, una cosa unica. Mi fermo qui e vi consiglio di provare ad immaginare.
Ho fatto una top list tempo fa, con cinque dei posti più belli mai visti senza porre un ordine d’inportanza, ecco, questo invece è il più bello di tutti. Il più bello di sempre.
Se sol avesse l’acqua cristallina sarebbe pericoloso per il cuore, da sindrome di Sthendal, comunque sfiorata. Qui l’acqua ha una colorazione verdastra presa dal fondale un po’ melmoso.
Proprio mentre ci troviamo in questo paradiso, durante questa settimana, sono venuto a sapere che c’è stata una selezione mondiale per decidere i sette posti naturali più belli del mondo, non c’è stata esitazione nello scegliere anche Halong Bay. Nella lista ci sono altri posti bellissimi, non li ho visitati tutti, ma non sono assolutamente d’accordo con alcuni. Continuo a stilare la mia personalissima lista e per ora sono a sei, chiaramente io parlo solo di ciò che ho visto, non posso considerare posti che ancora non ho visitato.
Riepilogo:
Top of the list Halong Bay, poi senza ordine di bellezza pongo Il deserto del Sahara, La spiaggia di El gizra in Marocco, L’angolo di paradiso che si trova a Soroa nella provincia di Pinar del rio a Cuba, l’isola di Marettimo in Italia, e la piccola valle/tempio di Gunung Kawi nei pressi di Ubud, a Bali in Indonesia.
Una leggenda dice che Halong Bay è stata creata dalla discesa di un dragone chiamato a difendere quella terra contro i nemici che attaccavano, il dragone discese e creò gli innumerevoli isolotti calcarei a difesa di quella terra. Gli abitanti una volta finita la battaglia si insediarono nella terra che poi divenne il Vietnam.
Cat Ba è molto bella, anche nell’interno, per metà parco nazionale, ho approfittato per fare un trekking abbastanza duro di otto chilometri terminato in un piccolo lago chiamato lago delle rane, al suo interno crescono numerosi alberi che specchiandosi nell’acqua creano una cornice da fiaba.
Strepitoso anche il villaggio galleggiante di Cai Beo, tra gli isolotti che introducono ad Halong bay dove vivono seicento persone. E’ molto grande, non avevo mai visto nulla del genere, molto più bello ed pittoresco anche dei mercati galleggianti sul Mekong e ancora meno battuto da i turisti.
Lascio Cat Ba con un po’ di dolore perché non so quando potrò assistere ancora a spettacoli del genere.
Il Vietnam in generale è un paese bellissimo, sono sincero m’aspettavo ancora di più dal resto, ma la bilancia alla fine pesa tremendamente a suo favore per via di Halong Bay, esageratamente bella. La gente è quieta e gentile, ma non così amabile come magari quella incontrata in Indonesia e sembra essere un pensiero condiviso un po’ da tutti quelli che ho incontrato, anche gli ultimi amici: Jack e Gareth, from U.K. che hanno fatto un invidiabile viaggio da Saigon ad Hanoi in moto e gli amici spagnoli, Aida, Mireia, Mariona ed Ernest, ancora catalani.
Fino ad oggi è il luogo più sporco mai visitato, sia per quanto riguarda l’igiene generale, peggio della Cina a volte la sporcizia o le maniere dei vietnamiti purtroppo ti fanno stringere lo stomaco, ma a tutto si fa l’abitudine, non che non ci si faccia più caso, ma lo stomaco si abitua. Mi manca ancora l’India dove sono convinto che si toccherà l’apice. Con un piccolo passo avanti diventerebbe una nazione ricca, sfruttando bene il turismo, anche se per quanto mi riguarda sono contento di averlo visitato ora, con tutti i suoi problemi, è sempre più bello andare in un luogo dove il turismo è ancora all’inizio.
Non faccio mai pubblicità ad alberghi o ristoranti dove sono andato, ma Mr. Quan merita davvero. In un posto dove chi è nel commercio è spesso inopportuno, antipatico, scortese prorpio con chi dovrebbe essere almeno formalmente gentile, Mr. Quan è stato delizioso, anche quando il primo giorno ho deciso di optare per un altro albergo in luogo del suo che mi sembrava più carino (l’avessi mai fatto, siamo stati trattati male, ci hanno buttato fuori perché non abbiamo prenotato un tour con loro e c’è mancato pochissimo che arrivassi alle mani con il proprietario che mi sfidava). Quando dissi a Mr. Quan, il primo giorno, vado di la, mi rispose con un sorriso, non ti preoccupare, magari verrai ad assaggiare la mia cucina. Sono tornato subito da lui, abbiamo mangiato quasi solo nel suo albergo, perché dopo aver provato gli altri non c’era paragone per qualità della cucina, pesce freschissimo e abbondanza dei piatti. Tutto perfetto. Cinque euro per dormire in camera con vita mare, aria condizionata e sette euro per una completa cena di pesca. Tutto per due sia chiaro. Mr. Quan è all’albergo Than Thung, chi volesse immergersi nel paradiso non perda l’occasione di incontrare questa persona squisita e assaporare la sua cucina, fino ad oggi la migliore del Vietnam.
Il Vietnam è anche il posto dove ho visto le baracche che vendono le cose più strane. Mi spiego meglio, non che vendano gli “oggetti” più strani” ma l’abbinamento di oggetti più curioso.
Esistono quei negozi in tutto il mondo, soprattutto di proprietari cinesi che vendono di tutto, ma mai mi era capitato di vedere uno che vendesse esclusivamente specchietti sinistri per motorini e cocchi freschi. O fiori e dolci. Particolarissimo anche l’ambulante che andava in giro con la bilancia elettronica delle farmacie che ti da altezza e peso, questa a CAt Ba, in sette giorni mai visto nessuno darle un solo centesimo.
Nel finale ho visitato anche Ninh Binh, paesaggi stupendi, non a torto la chiamano la Halong Bay della terra ferma. Hao Binh, un posto orrendo in cui sono capitato per caso e a chiudere ho studiato bene Hanoi, una città che mi ha molto attratto, Polly anche è rimasta molto colpita soprattutto dal suo Quartiere vecchio. Il quartiere vechio è come Pham ngu lao a Saigon, solo più grande e più caotico. I motorini in questa città sono sempre numerosissimi, certo non le orde sataniche che vedi giù a Saigon. E’ una città in cui avrei speso altro tempo, solo per respirarla maggiormente, più bella di Saigon a mio parere e non me l’aspettavo. Abbiamo anche mangiato davvero bene.
L’ultimo giorno, quello della partenza ho avuto una fitta allo stomaco scoprendo che davvero qui qualcuno mangia i cani, come in Cina, ma l’avevo solo letto. Ora ho visto dei cani trasportati su un motorino, non so che parole usare ma erano.. Appena stati cotti. Il foro sul petto e sotto la coda inidicavano il metodo sottolineato dalla pelle fatta sulla fiamma. Orrendo e permettetemi di dire sbagliato, soprattutto perché non lo mangiano per appetito, ma per una insana cultura convinta che la carne di cane ricca di adrenalina migliori le prestazioni sessuali. Vedere quello spettacolo purtroppo mi ha fatto ulteriormente scendere la simpatia per questo popolo, che già non è alta. Dopo solo un minuto ho anche purtroppo scoperto la razza perché il motorino che seguiva aveva tre gabbie le quali unite si e no erano sufficienti per un cane, con stipati due cani per gabbia (sei nello spazio di uno quindi) e si vedevano i tenerissimi animali visibilmente sofferenti, doloranti, spero non coscienti della certa terribile fine che stavano per affrontare. LA cosa peggiore è che è stato questa l’ultima immagine di un viaggio comunque splendido.
Mi mancheranno le immagini di questo posto, dove incontrerete, se passate, un infinita di carte da gioco per terra, ovunque; dove vi capiterà di bere birra con ghiaccio, perché nelle mete non turistiche la birra non viene raffreddata e vai a capire perché; dove gli innumerevoli mercati luridissimi hanno colori splendidi, magari non come quelli del Marocco, comunque intrisi di vita; dove il mare è inquinato in maniera che non crederesti; dove le donne quasi sempre portano quella cavolo di mascherina a quanto pare chi per il sole, chi per lo smog e chi non sa nemmeno perché la porta, perché se lo chiedi tutti ti danno una risposta differente, dipende da dove sei; dove potrete vedere i dentisti in vetrina, letteralmente operano in vetrina, ho anche un video, lo posto sotto; dove la gente è anche brava, ma è il modo di fare che alla lunga ti stanca, non è piacevole vedere uno che ti da la mano il secondo dopo che se l’è infilata tutta nel naso ed è frequente; dove vedrete i motorini che più carichi non si può e non importa se avrete visto di tutto in vita vostra, più carichi di così è impossibile, ho visto torri alte oltre i tre metri di canne da zucchero, sacchi e sacchi pieni di tutto: I vietnamiti sono i campioni del mondo di “carichiamo il motorino”, sono tutti cintura nera.
Ciao Vietnam, paese poverissimo e ricchissimo, pulisci il tuo mare, facci questo favore e sarai ancora più bella. Ciao Vietnam, è stato bello scoprirti e bere la tua birra a quaranta centesimi a bottiglia.



giovedì 17 novembre 2011

11 Novembre


THE MOST BEAUTIFUL PLACE
- Halong bay -

11-11-11 is the day when the seven most beautiful places in the world were been selected.
I'm not agree with some of them, but for sure i have to agree with the Halong Bay selection.
Acutlly, for the fate, i've shooted this pic in that really day, funny.
Untill now this is my best place all over the world, the images cannot explain well everything, because here is too much. You MUST come and enjoy the paradise. Not? Your're lost.

qui giusto un assaggio dell'altro blog.... quello fotografico.

lunedì 14 novembre 2011

CONTRO LA LONLEY PLANET

DA oggi non parlerò più della Lonley Planet.
Questo perché di questo Blog verrà fatto un libro, comprensivo dei viaggi precedenti a questo e non ho intenzione di stare a criticare a lungo una guida che fu ottima e che ora è deleteria, turistica, fuorviante,
che può addirittura arrivare a rovinare un viaggio se è nelle mani di chi non ha mai viaggiato e la prende come oro colato.
E' la guida che domina il mercato ed è probabilmente la peggiore, troppo spesso sbagliata talvolta anche nelle mappe, quasi mai aggiornata e ti vendono ogni anno l'aggiornamento, ricca di profonde lacune, senza alcun consiglio utile. Posso addirittura dire dannosa. Direi che di viaggi posso parlare, qualcosina ho visto e da fotografo e scrittore ho sicuramente una sensibilità sviluppata per certi discorsi sui viaggi. Dopo l'ennesima bufala ne ho piene le tasche. Sento tantissima gente che si lamenta, ma purtroppo è ancora il libro leader sui viaggi, soprattutto per chi si affaccia la prima volta.
Ne ho comprate diverse, le prime due per scelta, della prima fui mediamente soddisfatto, anni fa (ma era la primissima), delle restanti sempre più deluso fino ad essere incazzato.
PEr quanto riguarda l'indocina poi si sfiora l'indecenza. Il problema è che qui è quasi impossibile trovare le altre, è un monopolio vergognoso.
Questa è l'ultima cosa che scriverò in assoluto, mai più menzionata. Parola mia.
Solo un badge di riferimento sui miei blog:

venerdì 11 novembre 2011

Delusioni, speranze, cambi di programma.



E’ tantissimo tempo che non scrivevo dalla pancia di un treno, pensare che qualche anno fa, quando stavo partorendo il mio primo romanzo ero solito scrivere quasi esclusivamente in treno sulla tratta che da Milano mi riportava a Roma per rivedere famiglia e amici.
Il treno dove mi trovo oggi è il secondo che prendo da quando sono ri-partito (il primo è stato Jakarta – Bogor) ed è bellissimo o comunque lo definirei poetico.
La prima classe dove involontariamente mi trovo è tutta in legno, panche comprese, aria condizionata, unica nota stonata questo terribile vizio di imporre qualcosa agli altri (tipico di paese comunista): Come sull’aliscafo per Phu Quoc ci dobbiamo sorbire oltre due ore di musica, perdonatemi il termine, di merda ad alto volume. Non è questione di ignoranza o di differente cultura, non è questione di gusto, parliamo proprio di musica di merda. Fosse musica tradizionale Vietnamita, non capirei comunque perché imposta, ma avrebbe un senso. Intendo avrebbe un senso l’esistenza di questa musica, che a me piaccia o meno. Questa è invece moderna musica leggera, una pena infinita accompagnata da video che peggiorano, cosa che sembrava impossibile, la stessa musica. Pazienza perché ormai ci ho fatto l’abitudine.
Il treno rimane bello e ne sono contento, se poi penso che si tratta di un treno di cui la prima classe costa 1,80 euro viene da sorrdere. In Italia i vari freccia qualcosa ormai sono treni splendidi per i quali comunque devi pagare prezzi in qualsiasi caso sproporzionati, fuori da ogni concezione divina. Per i treni normali devi fare solo grande attenzione a non prendere malattie, non so quanto spesso vi capita di prendere treni in Italia, dire che fanno schifo a livello di igiene è essere molto gentili, roba da terzo mondo. Sulla tratta Torino Savona cinque anni fa presi le piattole, mi facevo schifo da solo, roba da non crederci. Qui siamo in Vietnam, loro hanno una condizione di pulizia personale che rasenta lo zero eppure questo treno è quanto meno decente anche in seconda classe, dove semplicemente manca l’aria condizionata, am almeno sono graziati dalla non presenza di questa palla clamorosa che tedia i miei timpani, a saperlo, avrei pagato di più per la seconda classe…
Mui ne è stata, come dire, di media rilevanza? Suona male, insomma niente di speciale. L’acqua molto inquinata, visibilmente sporca, cosa che non mi aspettavo. Interessante il porto del villaggio dei pescatori, meno il villaggio stesso che è un semplice proseguimento di Mui ne, in compenso non sono affatto male le dune di sabbia quasi bianca a una ventina di chilometri dal paese, niente di sensazionale anche se vengono pubblicizzate come qualcosa di imperdibile, ma già che si è qui è bene vederle, anche perché c’è ben poco altro. Stesso discorso per le dune di sabbia rossa, più vicine e più frequentate da turisti. Qui dovrebbe essere bello il tramonto, purtoppo è un periodo molto nuvoloso e di tramonti non se ne parla, comunque un luogo suggestivo e particolare, non so se davvero valga il viaggio, perché ripeto, tolte le dune Mui Ne non ha davvero senso, ma d’altronde finché non si è qui non si può sapere. Stupidamente, tenendo in mente come sempre Halong Bay, spero in un felice passaggio per Dalat.
Stupidamente.
Dalat è … Evito. Dalat non mi è piaciuta. Dicono sia la svizzera del Vietnam. Sarebbe stato un motivo per non venire. Tra l’altro l’ironia vuole che qui abbia assaggiato la peggior cioccolata calda della mia vita. Venire in Vietnam per trovare un paese alquanto moderno, pulito se si considerano gli stadard  del posto e con pressoché nulla di tipico ditemi che senso ha e poi fa freddo. Non che faccia davvero freddo, sono ventuno ventudue gradi (immaginatevi quanto si coprano loro, si coprivano a trenta gradi, qui vedi gente con passamontagna, piumini e paraorecchie!!), ma dopo oltre sei mesi di trenta e passa gradi, sento freddo ed è una cosa che odio e mi ricorda l’ennesimo motivo perché ho mollato l’europa almeno per ora, io sono fan del caldo over 30. Dicono abbia dei paesaggi strepitosi. Ha delle cascate, nulla di speciale, il vietnam è ben altro, al sola vista del Mekong vale mille cascate e valli di Dalat. E’ un paese di montagna, quindi ha delle discreti paesaggi montanari, che potete vedere però quasi in ogni posto di montagna. Con la differenza è che qui cascate, rucelli e piccoli paesaggi sono rovinati dalle montagne di immondizie lasciate dai seguaci di falò notturni. La ricerca di distruggere l’ambiente non è dedicata solo al mare, spero impareranno.  Se passate dal Vietnam, cosa intelligentissima perché oltre a essere bellissimo imparerete molto su una cultura differente, fate una cosa, dedicate più tempo al resto, che da vedere di ce n’è proprio tanto e purtoppo per vedere Mui ne e Dalat ho perso Hoi an, che sicuramente era più carina.
Detto questo una cosa divertente è stata l’avventura in motorino. Vicino DAlat c’è un villaggio di una piccola minoranza etnica, che dicono non essere più nulla di particolare, le vere minoranze sono nei pressi di Sapa, però dato che qui non c’è nulla proviamo a raggiungerlo, ma da soli, non amando le gite organizzate che ti portano in un sacco di posti di cui non mi interessa nulla. Il villaggio non lo troviamo perché seguiamo alla lettera le indicazioni della L.P. (quando mai, ieri a fianco a me c’erano due turisti con una guida del Vietnam della Fodor’s – MIRAGGIO – da queste parti è introvabile, regna solo L.P., ero invidiosissimo.), in compenso iniziamo a salire la montanga seguendo la strada che a onor del velo regala qualche bel paesaggio ed è fatta di un bellissimo asfalto scuro. Termina l’asfalto scuro e inizia la terra battuta esattamente quando inizia la pioggia. Proseguiamo, magari ci sarà qualcosa, perdersi è spesso divertente. Circa dieci chilometri in salita, su una strada che diventa scivolosa e sempre più pericolosa, la pioggia che non molla un’attimo, vere e proprie fosse d’acqua difficili da affrontare con un enduro vengono navigate con il nostro impavido motorino. Continuiamo fino a su, in cima, zuppi e fango ovunque. Io più che altro tempo per l’incolumità dalla mia Canon, ok la tropicalizazione, ok tutto, però qui l’acqua è tanta, il fango pure e non possiamo cadere. Perché perché se cadi rischi di andare giù, ma tanto giù, la strada a tratti è stretta e un paio di volte mi tocca far scedere Polly per tentare l’attraversata che riesce sempre. Arrivati in cima torniamo indietro, è inutile proseguire, non c’è nulla e i pochi motorini che vedevamo passare e che ci davano speranza per la presenza di qualcosa erano solo operai che stanno preparando l’asfalto che verrà. Qui è solo montagna per chilometri e chilometri.
Tornati a pezzi, un bel po’ incazzati per il posto che iniziamo a odiare anche oltre il dovuto, ma infine divertiti ci chiudiamo a casa a vedere qualche serie americana scaricata da internet pregando che il tempo passi velocemente e facendoci una ragione dei sei giorni più o meno buttati tra Mui Ne e Dalat (se si pensa che abbiamo dovuto rinunciare ad altro).
Di una cosa sono particolarmente soddisfatto, il caffè. Il caffè Vietnamita è buonissimo, forte e dal profumo molto intenso, hanno un modo di prepararlo molto particolare che ricorda un po’ il caffè americano un po’ la macchinetta napoletana. In molte parti della nazione trovi un caffè indecente, ma mi è capitato di assaggiarne di ottimo a Saigon e di eccezionale qui a Dalat. Dopo il nostro espresso è sicuramente quello che ho amato di più. Ricordo con piacere quello indonesiano che trova il suo apice a Lombok, quando sei fortunato nel trovare chi lo sa preparare. Ricordo con affetto il caffè greco che non amo molto (credo, ma non sono sicuro sia uguale a quello turco), sorseggiato ai piedi dell’acropoli e quello americano, che abbiamo provato un po’ tutti e che è un insulto al nome caffè. A Dalat il caffè è così buono perché lo fanno qui. Vicino ci sono le piantagioni di caffè più famose del vietnam è che sono perfette per la preparazione di questo tipo di caffè. Se i chicci fossero tostati e preparati per  il nostro espresso il livello sarebbe basso, per il caffè Vietnamita è il non plus ultra.
Una nota anche per il famoso (??) vino di Dalat, rosso. Non è buono. Ha un’acidita che definirei semplicemente sbagliata mista ad una punta di dolcezza che non richiama nessun sapore. E’ pieno di sapori secondari, intendo quelli fermentativi, ricco di gomma da masticare, note caramellate stucchevoli, e tutti quei sapori che vengono dalla fermentazione. Eppure ci ho trovato qualcosa. E’ chiaro che è un vino che ha un suo potenziale, ma non c’è la cultura per una corretta produzione. Mi viene in mente il mio maestro, il mitico Sandro Sangiorgi, una delle poche voci veramente sapienti in campo di vino vero, non di quelle porcate che siete abituati a bere e che comprate al supermercato. Vorrei tanto sapere come si esprimerebbe a riguardo. Vorrei sapere se converrebbe con me nel trovare potenzialità inespresse in questo vitigno di cui non so il nome o semplicemente lo boccerebbe come la stragrande maggioranza dei vini stranieri (e per stranieri intendo non tialiani e non francesi), secondo lui e io convengo pienamente se ne salvano davvero davvero pochi.
Volo per Hanoi con un sorriso incredibile, talmente contenti che non mi altero nemmeno per il tentativo di truffa del tassista. Non ho ben capito se cercasse di portarci in quale posto particolare dove poter truffarci per bene oppure semplicemente volesse portarci in un albergo differente. Sta di fatto che impiegava troppo tempo, si fermava e parlava al telefono, più volte ed erano quasi le dieci di sera. Non che Hanoi sia pericolosa, ma stanchi, con gli zaini e affamati non ho prorpio la voglia di esser preso per il culo dal primo vietnamita che passa, chiedo di fermarci dove siamo e proseguiremo da soli, li per li fa finta di nulla, alla terza urlo un netto STOP RIGHT NOW e si ferma, poi non vuole aprire il portabagagli del taxi, ma non fa grande resistenza, gli mollo i soldi dovuti e lo mando a fare in culo, non so se abbia capito, non eravamo distanti, un paio di chilometri, ma vista la cartina alla prima connessione internet trovata ci stavamo allontanando. Diametralmente all’opposto ci stava portando lo pseudo furbo.
Il fatto non scalfisce minimamente la felicità di essercene andato da Dalat ed essere in una città così profondamente interessante.
La capitale lo è davvero, interessante dico. E’ piena in ogni senso: Di traffico, di gente, do colori, di “situazioni”. Per situazioni intendo gente raggruppata sui marciapiedi a fare qualcosa. In che senso? Nel senso Che qui si vive sui marciapiedi. Migliaia di ristornatini luridi improvvisati, migliaia di caffetterie improvvisate, tutto sui marciapiedi a ostruire ogni minimo passaggio. Motorini parcheggiati in mezzo e spesso di fronte le entrate dei negozi così da impedire l’acceso a essi: Non è intelligentissima come cosa, ok è un popolo davvero curioso, intrigante e colorata, ma l’intelligenza generale è davvero purtroppo bassa, non si dice? Non mi interessa di essere politicamente corretto. Io riporto quello che vedo, senza peli sulla lingua. D’altronde vedere un negozio in cui entri per acquistare qualcosa, ma non lo fai perché chi di dovere sta sonnecchiando sdraiato per terra, in mezzo al negozio, è una cosa stupida, anche se la trovo incredibilmente bella e mi fa innamorare ulteriormente di questi posti. Ha noi è questo. Quel tipo di caos e confusione e colore e volti segnati a cui non posso resistere, che amo profondamente. E’ un amore e odio che si mischiano facendo sempre prevalere la forte passione che mi attrae verso questi inferni. Il colera in Vietnam è sempre dietro l’angolo, la dengue un po’ ovunque, tifo ed epatiti come se piovesse, ma basta fare un minimo d’attenzione, comportarsi tenendo a mente le normali norme igieniche e non ci sono problemi. Non è questo a fermarmi, anzi in qualche modo è qualcosa che aggiunge interesse.
Ammetto che a volte quando son stanco il comportamento medio dell’indocinese ti fa venire il latte alle ginocchia, a tratt ho punte di cattiveria, poi mi calmo e capisco, questo mondo è così o lo afferri e lo vivi così com’è o ti incazzi e perdi tutto lo spettacolo che c’è e sarebbe davvero stupido.
Siamo sul treno per Haiphong, da dove poi raggiungeremo Cat Ba Island e la meraviglia di Halong Bay e le leggende di un drago che ha creato tutto quello spettacolo. Dovevamo andare a Sapa, ma per questione di orari del treno, treni pieni non si è potuto fare. Ci dedichiamo bene e senza fretta ad uno dei posti principi del pianeta, se poi ci sarà tempo e modo andremo a vedere la bellissima Sapa, che però ha posti simili nel mondo, dovremo dedicare anche almeno un'altra giornata a Ha noi, merita, ma fare di corsa Halong Bay per me era inconcepile, soprattutto dolo le delusioni sovra citate. Voglio vedere il tutto con calma, qui fanno tutti un tour da due tre giorni ed è inconcepibile vista la vastità del posto e la meraviglia.
Ne sono sicuro, Halong Bay non può deludermi.






sabato 5 novembre 2011

Il mercato galleggiante, l'isola e le malabitudini di questo Vietnam.


Mentre sono in aeroporto per tornare a Saigon come sempre ricordi e aneddoti simpatici tornano alla mente. Una cosa che avevo dimenticato di riportare è il Pharmezzane.
Nella vita non ho viaggiato poco e il Parmiggiano è una di quelle cose che vengono tradotte quasi sempre male, un po’ come gli spaghetti alla bolognese, ma Pharmezzane è in assoluto il top della lista di mala traduzione. E’ incredibile. Incredibile è anche il non voler nemmeno provare a cercare su internet la parola corretta, ma come ti viene in mente Pharmezzane?
Sin dalla Thailandia ho visto e scritto di persone che andavano in tre in motorino con molta tranquillità e a volte quattro, qui in Vietnam quattro è abbastanza comune e poi ho visto una cosa a Can tho… In occidente generalmente quando si ha una famiglia numerosa si tende ad acquistare una monovolume, e qui? Qui il rapporto è ovvio, anche se non ci si pensa: Si compra uno scooterone. Se in motorino si va in quattro figurati con uno scooter grande e infatti ho visto una famiglia composta di cinque elementi scendere da uno di questi attrezzi che inondano le nostre città, ma qui sono un lusso. In cinque. Con un incidente si fa il filotto, ma forse i due in mezzo si salvano. E’ inutile dire che il casco lo hanno solo i genitori, dei figli chissenefrega…
Torniamo a noi, il giorno dopo il nostro primo allagamento ci svegliamo presto per raggiungere facilmente Cai Rang, il famoso e più grande mercato galleggiante del delta di questo storico fiume. Lo spettacolo già da lontano è bellissimo, affascinante, ma sicurmente il mercato è più piccolo di quello che m’aspettavo.
Noleggiata barca e “conducente” dopo immancabile trattativa (non sia mai!). Il guro dura poco più di mezz’ora, ma è più che sufficiente per visitare il mercato con calma e scattare tutte le foto possibili. Devo dire che sono soddisfatto del reportage che ho tirato fuori, soprattutto perché la luce non era semplicissima, praticamente potevo fotografare solo una parte del mercato perché l’altro lato era totalmente in controluce a quell’ora della mattina.
Lo spettacolo è come m’aspettavo. Sono rapito. E’ Diverso da tutto. Vedi la gente che davvero vive del fiume, con il fiume. Il Mekong è linfa, sangue, sostentamento, aria, acqua, amico, problema, compagno. Qui la maggior molti mercanti hanno casa e molti altri vengono dal nord del delta o anche dalla Cambogia. Ci sono i mercanti e chi compra per poi rivendere, questi sono principalmente gli abitanti di questa parte del fiume con case sulle fatiscenti barche ceh chiamarle case è DAVVERO un volo pindarico. Niente di sconvolgente, è qualcosa che t’aspetti a meno che non sia il primo viaggio della tua vita, ma resta e resterà sempre un qualcosa che mi attrae in maniera molto forte. Poter assistere a questi angoli del mondo, immergermi in una piccola parte della loro conoscenza, nella loro cultura per poter apprendere non solo leggendo e studiando, ma vivendo è irresistibile. E’ il motivo per cui viaggio, è il pane quotidiano che appaga la mia fame. E’ un pianeta meraviglioso, ma ogni volta che visito queste ricchezze mi rendo conto che c’è davvero troppo da vedere e tutta la vita non mi basterà mai. Vivo attimi di disperazione per questo.
Torniamo alla guest house nemmeno all’ora di pranzo ci “imabagagliamo” per partire subito, il tempo e poco e già so che dovremo rinunciare a tanto.
L’isola di Phu QUoc sarà molto bella, ma ne ho vista davvero poco, perché ogni volta che trovo una bella spiaggia, e qui si parla di una spiaggia stupenda e un bungalow economico fronte mare, tendo a tralasciare la cascata o l’ennesimo posto da vedere, godendo semplicemente di un po’ di sole, ma re e la mia dose d’ozio. Visitiamo solo il mercato notturno del paese principale, intenti il giorno dopo con lo scooter affittato a visitare le cascate. Purtroppo con le chiavi non siamo fortunati. Stavolta non le perdo, semplicemente le aveva perse qualcun altro prima di me e aveva fatto una copia con la quale, se chiudi il motorino con la sicura sull’accensione (cosa vista solo qui nel sudest asiatico), non è più possibile riaprire, ci vorrebbe l’originale. Non hanno avuto la premura di dirlo… Serata buttata, motorino lasciato in polizia perché qui li rubano e taxi verso l’albergo. Il giorno dopo un po’ annoiati rinunciamo alla visita all’isola e decidiamo semplicemente di finire di gustarci i relax perché tanto di posti da vedere ce ne saranno molti e ci aspetta un viaggio non troppo leggero, sappiamo che i ritmi, visto il tempo ridotto per via del visto saranno serrati. Solo è stato spiacevole che nonostante il piccolo disagio il tizio dei motorini volesse comunque i pochi dollari per l’affitto, cosa che da me non ha visto. Questione di principio, non ti do nemmeno un dollaro!
Phu Quoc nel crepuscolo riesce a regalarti colori nel cielo spettacolari, come forse non ho mai visto prima. Il tramonto è bello, ma come tanti altri sul mare, è proprio il crepuscolo il momento migliore per godere di uno spettacolo unico, immancabile una aperitivo al tramonto, perdersi questi colori che viaggiano dal giallo all’azzurro mischiandosi con forti tonalità di porpora e violetto sarebbe imperdonabile. Spero di averli catturati bene con la mia macchina.
Il brutto ricordo che ho di quest’isola è il momento in cui ho realizzato il non rispetto che il Vietnam ha per il mare. Questo è un posto stupendo, ho visto ancora non molto di questo paese e già posso dire che a livello naturale è un posto davvero ricco. Passeggiare sulla bellissima long beach di quest’isola e vedere innumerevoli buste di plastica galleggianti vicino la riva rattrista. Il mare ne è pieno, io ne ho tolti dall’acqua in tre giorni almeno una ventina. E’ norma gettar di tutto al mare, anche rifiuti con tanto di busta di plastica. Ricordo la signora della barca di Cai Rang, il mercato galleggiante, il motore le si era fermato e controllandolo ha trovatola causa in un sacchetto aggrovigliato all’elica, una volta tolto che fa? Lo ributta in mare. Non c’è la concezione d’inquinamento. Tutto in mare. Vedo infatti che almeno qui al sud l’acqua magari è bella , ma mai bellissima come magari l’ho trovata in Indonesia e sicuramente lontana anni luce da quel poco visto in Thailandia di gusterò meglio e più a lungo tra poco tempo.  Speriamo che qualcuno insegni presto a rispettare il mare ai figli di Ho chi Minh. Speriamo che al nord sia migliore, aspetto con ansia Halong Bay, una delle meraviglie del mondo, a quanto dicono.
Da riportare il viaggio da Cant ho a Rach Gia, località dove si prende l’aliscafo per l’isola. Ci aspettavamo il classico pullman, niente di sensazionale, ma normale. Invece grazie all’amica Lonley, sempre utile per dormire sempre portatrice di problemi per il resto abbiamo preso la stazione sbagliata, perché l’unica riportata. Noi convinti di andare nella stessa dove eravamo arrivati e dove transitano e si fermano i pullman turistici, siamo invece stati indirizzati in quella locale, dove partono i piccoli bus devastati da ogni cosa. Sembra abbiano fatto la guerra e avuto malattie di ogni tipo, dal vaiolo alla scabbia. Sono distrutti letteralmente, non capisco come possano camminare. I posti minuscoli e non c’è un reale spazio per i bagagli. Quindi ora immaginate:
Bus piccolissimo, posti adatti alla grandezza di un bambino con zaini e borse (e chitarra) tra le gambe. Da aggiungere l’assenza di aria condizionata con un caldo torrido e almeno tre o quattro persone in più rispetto al numero dei posti. Ammetto che alla fine sia stato divertente e ci si ride sopra, ma il viaggio di tre ore è stato più duro di un volo di quindici. Il caldo è sedato dall’aria dei finestrini che però sbattono violentemente ad ogni curva, o buca (e c’è una buca ogni sette centimetri) creando un frastuono assordante che si aggiunge al clacson suonato costantemente per tutte e tre le ore. In Vietnam c’è l’abitudine di suonare il clacosn ogni qual volta ci si avvicini ad un altro mezzo, mentre lo si sorpassa e anche in prossimità di persone, anche se queste non sono sulla strada. Aggiungi anche che il conducente deve esser stato un amante del clacson perché ogni colpo era mooooolto prolungato, come ad evitare un pericolosissimo e quasi certo incidente. Unite quanto sopra riportato ad un clacson quasi costante per tre ore di fila. Non è un iperbole, è realmente stato suonato il clacson per tre fottute ore! Non è mica finita, il piccolo bus ad ogni frequente buca  o dosso saltava come fosse su un trampolino facendoci dare qualche violenta capocciata sul tetto. Basta? No, perché qui c’è l’abitudine come in tutti i paesi comunisti asiatici, di far innumerevoli soste su l tragitto epr prendere altri passeggeri in nero. Quindi il viaggio prolunga ulteriormente, di almeno un ora abbondante. Ci sono tratti in cui ferma ogni quattro cinquecento metri, rendendo il tutto davvero snervante, bisogna abituarsi, lo farò nel viaggio successivo, accorgendomi che a volte è impossibile non optare per un minibus (perché è sì un esperienza pittoresca, ma da fare non più di una volta, e invece…)
Dire un incubo è forse riduttivo, Polly mi ha detto che quando siamo scesi avevo gli occhi sbarrati. Quello che so è che ero fortemente stordito con un mal di testa così forte da affievolire anche l’udito.
Non è che poi quando scendi ti rilassi un attimo perché vieni letteralmente assaltato da venti vietnamiti che ti vogliono portare ai vari albergehtti per pochi dollari, ma in motorino. Vorresti sterminarli in quel momento, non è colpa loro, non capiscono, ma in quel momento non puoi essere paziente e buon viaggiatore amante del mondo come sempre. In quel momento ha isolo un martello pneumatico che ti batte in testa. Figuriamoci poi se prendo un motorino come passeggero con uno zaino da quindici chili sulla schiena, un altro (quella della fotocamera) da almeno otto chili e la chitarra. Loro dicono che non c’è problema, ma loro ci provano, tanto poi se t’ammazzi non è un grosso problema, è solo un turista in meno…
Ogni tanto la simpatia verso i vietnamiti viene davvero meno perché purtroppo la solita mentalità asiatica irritante e aumentata dalla povertà è straripante. Il discorso da fare sarebbe lungo e profondo c’è alla base una rieducazione o educazione di un polo da fare. Così facendo è anche molto difficile esimersi dalla povertà, cogliere quelli pochi treni che passano per poter respirare meglio. E’ chiaro che non è colpa loro, dei singoli, i vietnamiti, nella maggioranza, sono da considerarsi un gran popolo, simpatico, disponibile. E’ un discorso che implica generazioni e cultura che parte da lontano. Il comunismo è una gran teoria, una splendida utopia che applicata all’uomo non ha modo di funzionare per migliaia di motivi, è una cosa facilmente visibile a chiunque entri e respiri l’aria di paesi di questo tipo. Evitiamo di parlare di politica però, tanto non capireste come la penso e non mi sembra nemmeno il luogo adatto. Poi se c’è una cosa che mi annoia è proprio la politica.
Tornando a noi.
Raggiunta Rach Gia dopo il pazzesco viaggio e passata la notte per riprendermi compro i biglietti per l’aliscafo che ci porterà sull’isola.
I biglietti sono terminati. E te pareva…
La realtà è che i biglietti non sono affatto terminati, ma c’è una mafietta, per guadagnare dollari in nero extra, che organizza questo teatrino:
Fino al giorno prima non c’è problema, il giorno stesso ti dicono che i biglietti sono finiti, è tutto pieno o te ne vai al paese vicino (2 ore di bus) e parti da lì, oppure compri i biglietto al mercato nero. Che sarebbe ro sempre loro. Loro sono sia l’ufficiale che il sottobanco. Tutto in casa. Si sono organizzati tutti tu va ida uno qualsiasi, ti spiega la situazione dicendoti che loro non centrano nulla., solo che sono finiti perché gli ultimi li hanno comprati i ragazzi del posto e tu ho li paghi di più o niente. Ora, io lì per lì ho provato a impuntarmi a trattare, a girare altri posti, e vedendo i movimenti ho trovato pure il “capetto” che altro non era che il proprietario della prima chioschetto. Alla fine sono partito pagando questi pochi spicci in più, si parla di circa quattro euro, niente di che la malfatta. Alla fine mi sono divertito a studiare il tutto, altra piccola esperienza.
In tutto questo devo capire, apro una parentesi, perché le qui tutti si coprano così tanto. Gli uomini non tutti, comunque molti portano pantaloni lunghi e felpa a siamo a trenta gradi. Le donna più o meno tutte sono copertissime e non è nulla di religioso. Si coprano con mascherine e cappello tipico. Tu pensi per il sole, perché per cultura magari come altri asiatici non vogliono prendere il sole, lo reputano in qualche maniera non adatto a loro, ma poi alla fine ti guardi intorno e vedi che i vietnamiti del sud sono scuri di carnagione se lo facessero per il sole perché coprirsi anche con uno o due felpe? E in motorino i guanti di lana? HO visto una donna con i pantaloni di velluto e le calze. Di donne con le calze pesanti tantissme, anche in lana. Come quando da noi la temperatura scende sui dieci gradi. Sarà mica davvero perché hanno così freddo. A trenta gradi? Cioè loro iniziano a sentire caldo dopo i cinquanta? Devo informarmi, sapevo che gli indonesiani ad esempio a venti gelano. Qui siamo a trenta… giuro fa proprio caldo, non umido in questo periodo, ma è una temperatura che noi chiameremo estiva, di sera generalmente ventisei gradi… Comunque ora inizio ad andare verso il nord, la temperatura scenderà.
Mi fermo un'altra sera a Saigon al ritorno. Andremo a vedere Mui ne, un paio di gironi al massimo poi Dalat. L’attesa vera, l’ho scritto: E’ Halong Bay.






sabato 29 ottobre 2011

SAIGON E IL GRANDE MEKONG


Motorini.
E’ la prima parola che mi viene in mente pensando a Ho Chi Minh, che amo chiamare ancora Saigon. Chiunque ci sia stato vi potrà dire questa cosa dei motorini, è scritto poi su ogni tipo di guida turistica (tra l’altro più vado avanti e più trovo la Lonley Planet la peggiore della categoria, ma come sempre il marketing fa la differenza, utile cmq in certi casi, addirittura fuorviante in altri), ma effettivamente finché non vieni non capisci cosa vuol dire nuotare tra i motorini per attraversare una piccola strada. A Saigon c’è traffico ed è creato esclusivamente dai motorini. Riuscite a comprendere il traffico creato dai motorini, un mezzo che da noi è utilizzato per evitarlo questo benedetto traffico. Una cosa disumana. Migliaia e migliaia di motorini ovunque ad ogni ora.
Fa quasi ridere e aggiungendo il fatto che come in ogni paese dell’Asia, di questa zona dell’Asia, forse ad eccezione del Giappone, le regole stradali, le più basiche, non vengono rispettate. Potete comprendere il caos che c’è nella capitale Vietnamita, che non è la capitale lo so. Quella è Hanoi, ma alzi la mano chi è ancora convinto sia Saigon. Questo è caos, non quello di Hong Kong! Per strada è un casino totale. Un quadro neorealista coloratissimo ed effimero. almeno nei suoi colori. Lo trovo estremamente affascinante, andare in quattro su un motorino è abbastanza normale, poco bello quando vedi che i quattro sono due adulti con casco e due neonati, priva di ogni accorgimento verso la loro incolumità, quasi non capissero i genitori che in caso di piccolo incidente per loro c’è una morte molto probabile.
Sempre innumerevoli, almeno rispetto a ciò che ci si attende è la presenza di persone disabili dalla nascita. I problemi fisici, di norma pesantissimi ed totalmente limitanti, sono dei più svariati, ti stringe il cuore ogni attimo. Ci si può domandare come mai questa presenza così inquietante. La risposta è purtroppo semplice: La guerra.
La guerra dalla quale ci si attendono morti e mutilazioni qui inoltre possiede il fardello eredità di una delle più stupide e inutili tra esse, se mai ne potete trovare di utili e intelligenti: The American war. Guerra del Vietnam per noi occidentali.
Anche se Full metal racket c’è piaciuto tantissimo.
Spesso come per i cowboy che massacravano le popolazioni indigene, abbiamo tifato per i nipoti dello zio tom, che hanno massacrato un paese con armi non convenzionali. Un arma uccide, è sbagliata a prescindere, ma tra uccidere un uomo con una pallottola e farlo bruciare con il fosforo o avvelenandolo con la diossina, principio attivo dell’”agent orange”, è disumano.
Gli avvelenati, tantissimo, hanno dato vita e ancora oggi succede, a malformazioni e disordini di ogni tipo. Incontabili sono i nati morti o con disfunzioni o ancora mancanze così gravi che sono morti dopo pochi mesi o pochi giorni aver visto luce. Moltissimi possono vivere e vivono a quanto pare con un grande orgoglio e un grande odio.
Se vieni a Saigon torni a pensare a quei film, a quel “bastardo muso giallo”, ripensi a quell’America, gli stati uniti, che mi piace tanto, nonostante suoi enormi problemi, le sue incommensurabili differenze e il suo potere troppo spesso usato per aumentare un egemonia non voluta dai suoi stessi cittadini. Molti figli americani sono nati con seri problemi a causa dell’avvelenamento involontariamente inflitto anche ai suoi stessi figli. Involontariamente, ma ci potevano pure pensare. Capisco che tu vuoi vincere la guerra, ma non ci pensi che se getti un defoliante chimico non solo devasti le foreste, ma ammazzi uomini atrocemente e li violenti nell’anima, li rendi portatrici di vita infelice per generazioni. Non capisco come, anche se in guerra, possa venire meno l’umanità a questo livello. Arrivo addirittura a comprendere gli ignoranti soldati, ma il genio che l’ha pensata, quello, quello è peggio di Hitler e Stalin messi insieme. Quel personaggio è alla stregua di Pol Pot.
Devo andare oltre e lo faccio, ma ogni tanto il pensiero ritorna. Il Ciu chi tunnels, i tunnel scavati e utilizzati dai viet minh prima e ampliati e resi famosi dai viet cong poi, sono un bel pezzo di storia da visitare, dove vedi uno dei modi come “il nemico” ha tenuto fronte al nipote a stelle e strisce, producendo ovviamente altra violenza e altre barbarie. Questo a due ore da Saigon. Il museo dell’American war invece interno alla città è povero, più che altro fotografico (di questo ne sono contento), ma estremamente forte, duro.
Esplicativo.
Saigon, come ho detto, è affascinante, davvero poco bella, forse meno di Jakarta, ma ancora più attraente. Come una puttana datata. Credo abbia forti somiglianze con Bangkok, sottolineo credo perché di Bangkok ancora non posso parlare, rivedrò il prossimo mese.
Pham ngu lau è ricco di vita e di notte si accende come una Las Vegas, ma lurida e senza gioco d’azzardo. E’ “traffichina”, se volessi usare un termine che amavo qualche anno fa. Questo è il quartiere definito “dei backpakers”, perché si trovano gli alberghi più economici ed è il centro delle agenzie turistiche specializzate in visite locali. Alcool a fiumi ed accessibile a prezzi tra i più economici al mondo, credo anzi il Vietnam abbia il record per il prezzo più basso al mondo per l’alcool. Si può trovare una bottiglia importata, referenza standard, a sessanta centesimi di euro. Stesso prezzo la locale. Dicevo, alcool a fiumi e droghe, economiche anch’esse ad ogni angolo, nonostante la forte presenza di polizia. Non mancano alcuni reduci americani, sembra ce l’abbiano scritto in fronte, ma purtroppo è perché la loro desolazioni è spesso facilmente visibile. Li vedi che si incantano, letteralmente, posata la birra tracannata, o mentre girano un piccolo spino di marjuana locale, noncuranti della divisa verde alle spalle.
Sigarette? Zippo (va tantissimo)? Marjuana? Coca?
…E io convinto che ‘sto posto fosse inondato d’oppio. Ingenuo.
Canto. Nel senso che spostiamo accanto. No, volevo dire a Canto. Can Tho.
Ero estremamente curioso di vedere il Mekong, un fiume dal nome altamente evocativo, sempre per la vicenda di cui sopra e per alcuni imperdibili film, come Apocalipse Now.
E’ meta quasi obbligata se si visita il Mekong non solo per spiagge e mignotte, il delta del grande Mekong. I pesi sono molti, per quanto ci riguarda abbiam deciso di vederne solo uno tra i quattro cinque più famosi e abbiamo scelto Can Tho. Qualcosa perderemo, ma avendo solo un mese per tutto il Vietnam, qualcosa si deve perdere, come molto abbiamo perso in Indonesia ( in quel caso anche per esserci fermati un mese in un paradiso, ma ogni tanto un po’ di paradiso fa bene anche alla pelle, oltre che all’anima). La scelta è caduta su questa cittadina per via del mercato galleggiante. Ce ne sono molti sui paesi del delta, ma questo è il più grande in assoluto, deve essere uno spettacolo affascinante di cui potrò godere domani mattina. Riferirò.
Una volta l’anno il Mekong sale di livello, questo ovviamente la guida non lo dice (sarebbe interessante farmi spiegare a cosa serve sta guida oltre alla mappa e alla lista per dormire), non so se solo su questo braccio del delta e per un paio d’ore sommerge Can tho, almeno per metà.
Avevo visto dei tombini straripati appena arrivato, ma come potevo pensare di ritrovarmi a camminare scalzo per il paese tra la marronissima acqua de sto maledetto Mekong?
Davvero, è stato un bell’impatto all’inizio, ma ci siamo ammazzati da ridere dopo. Da ammirare lo spirito d’adattamento del mia super naif Polly. Dopo un paio di che schifo a testa, un sedici diciassette “che Dio ce la mandi buona”, ci siamo tolti scarpe e calzini e siamo andati verso la guest house immergendo i piedi nell’acqua che aveva un colore che più sconfortante è difficile, anche se non so fosse realmente stato più inquinato del biondo (??) Tevere.
Teoricamente, come tutti i turisti dopo aver capito che non potevamo tornare all’albergo ci saremmo potuti fermare e attendere. E’ che abbiamo scoperto che il livello torna normale dopo un paio d’ore solo “nel mezzo del cammin di nostro Mekong”. Ormai i piedi zuppi, in un paio di casi quasi fino alle ginocchia, e le guance doloranti dalle risate non ci hanno consentito alla nostra voglia d’esperienza di fermarci. Ormai eravamo dentro, dentro si balla, c’è poco da fare. Poter raccontare anche questo poi, anche se sarà più utile un video e qualche foto, è qualcosa per me di irrinunciabile. Detto questo ho più volte rischiato di spezzarmi un dito, il piede o la caviglia, perché capiamoci, eravamo in mezzo alla strada, ci sono buche, tombini, cose di ferro che spuntano dall’asfalto e servono normalmente a qualcosa, insomma le risate non finivano, ma pure le urla se ci fosse andata male. Se Mi fosse andata male, perché senza dubbio ho fatto da cavia e battistrada per la mia inesauribile compagna.
Ora siamo in camera, questa è davvero una guest house, nel senso più stretto del termine, le stanze, sono dentro la casa di un famiglia le cui due figlie si stanno preparando per non so quale serata, anche se così vestite sembrano massaggiatrici (di quelle col massaggio extra).
Mi tocca terminare perché Polly sclera ( adire il vero lei fa i capricci), vuole andare a mangiare e bisogna trovare un collegamento internet, qui è stato quasi impossibile fin’ora comprare una scheda sim per il collegamento. Non che non ci sia, ma non riesco a farmi capire che mi serve una scheda dati, e non una per il traffico telefonico. A Saigon ho trovato troppo tardi i negozi che le vendevano e qui quella più brava con l’inglese ha difficoltà a capire bene la differenza tra yes e no. Come mia nonna che non capirà mai tra On e Off quale sia acceso e quale spento. Insomma siamo al buio, tecnologicamente parlando.
Vi giuro, non so se sono riuscito  a farlo trasparire, a trasmetterlo, ma fare quella sporca e malsana passeggiata a piedi nudi è stato un qualcosa che non dimenticherò per il resto della vita.

venerdì 21 ottobre 2011

Last Days e .... oggi dovevo essere in Vietnam!





Scrivo in questa piccola casa, dove sono già stato, Jakarta. Casa di Yudi.
Raccontare, scrivere è sempre bello, perché rispolveri e rivivi quei momenti bellissimi che hai passato da poco, rivedi i saluti e i sorrisi degli amici e sorridi anche tu. Rivedo questo video della danza tipica balinese, precisamente una lezione di danza e ricordi di pochi giorni fa comunque lucidi, brillano.
Riprendo velocemente: Ubud. E’ bali, quindi di per sé è un posto abbastanza conosciuto, ci son stati in molti. Bellissima, è la vera Bali, quello che l’isola era prima che venisse l’ondata di surfisti soprattutto australiani e che inevitabilmente ha cambiato l’isola e come ho detto in passato corrotto molte anime per il denaro.
Bali è anche se turistica, ancora semi intatta in questo. Le donne balinesi sono le lavoratrici, grandi e forti lavoratrici, quelle che costruiscono palazzi, quelle che mandano avanti gli alberghi, i ristoranti, che fanno le strade e tutto. Gli uomini sono quelli che spendono, quelli che i vestono da “donna” (questo non è vero, è un mio modo di dire, qui i balinesi vestono ancora tradizionalmente ovvero con sarong – pareo – molto colorato e una sorta di fascia in testa molto colorata), non fanno nulla spesso giocano d’azzardo soprattutto con le lotte tra galli, cosa in decente che non ho visto, ma me ne son pentito perché potevo tirar fuori un bel reportage. Forse rimedierò in Thailandia.
Quindi a Bali è più facile ritrovare il vero spirito del luogo, ritrovi gente con un sorriso vero, ritrovi cordialità no sempre per secondo fine, cortesia, simpatia e voglia di chiacchierare con un bulè, straniero bianco. Abbiamo avuto la fortuna di avere un nuovo amico appena arrivato, un ragazzo molto simpatico, medico radiologo olandese dal sangue (e i genitori) indonesiani, lui vuole nome e cognome qui sopra: David Zitter. Bella persona, a volte da stargli appresso come un bambino quando si gira, ce lo perdevamo sempre, ma simpatico, utile (uno di quelli che chiede tutto a tutti, e poi sapendo un po’ d’indonesiano…). Ci siamo fatti belle risate, che dire, un’altra persona da andare a trovare in un futuro non troppo prossimo.
Con David abbiamo visto Mas, niente di speciale, ma è interessante andare a visitare le fabbriche di 
“wood carving”, gli artisti che scolpiscono e incidono il legno, davvero notevoli, non l’avrei detto. Abbiamo fatto il bagno nell’Ayung river, un piccolo fiume che scorre in una vallata tra terrazzamenti, vallata acquistata ora in parte da un albergo piuttosto famoso, che è stato mi sembra luogo di un film con Julia Roberts abbastanza recentemente.
 Jatiluwih, - video sotto - le terrazze di riso più grandi di Bali e forse dell’Indonesia, vista davvero forte,
 d’impatto, dove capisci ancora di più sul riso e sulla storia di questo cereale che ha cambiato il mondo qualche migliaio di anni fa. Al ritorno ci siamo imbattuti in un corteo  motorini e altro per dei festeggiamenti relativi a qualche vittoria di una squadra di calcio locale, molto divertente devo dire.




 La cosa più bella che per ora si pone nella “top list” è Gunung Kawi, visitato il giorno prima, è un tempio, stile indiana Jones, induista, in una piccolissima vallata dove scorre un fiume tra palme, pseudo liane e terrazzamenti di riso, tutto insieme sono qualcosa di magico e unico. Uno spettacolo vero e credo irripetibile che mi ha fatto venire voglia di andare in Cambogia a trovare il tempio dove è stato ambientato il personaggio di Lara Croft, vicino Anchor.






La mia top list? Evitando città e menzionando solo luoghi per ora è senza ordine di importanza:
 - il deserto del Sahara
 - la spiaggia di El Gizra in Marocco
 - l’isola di Marettimo in Italia
 - Gunung Kawi in Indonesia
 - Soro, Pinar del Rio a Cuba 
Credo  dovrò aggiornarla quest’anno avendo già programmato (per quanto la parola programma possa contare con me) due mesi di Thailandia, uno di Vietnam e uno tra Laos e Cambogia, tutto a partire da… ieri che sarà domani. In che senso? Nel senso che oggi volevo svegliarmi e urlare il titolo di quel film famosissimo di Robin Willam in Vietnam, perché dovevamo atterrare ieri sera e invece… E invece non c’ho capito nulla per il ho letto e mi è stato detto che si poteva fare in aeroporto, come vale per l’Indonesia, invece no: In aeroporto te lo danno, ma devi fare la richiesta online, quindi nulla, dovrebbe arrivare oggi e abbiamo spostato il volo di due giorni. Nell’inconveniente siamo anche stati fortunati, perché è successo a Jakarta, dove ancora abbiamo dei giorni per restare, dove abbiamo degli amici conosciuti appena arrivati e dove uno di questi, Yudi, ci può ospitare, alleviando subito il dolore per il “contrattempo”. Tutto bene quindi, sono cose che fanno parte del tutto.
Venivamo da Kuta, dove non saremmo voluti tornare, ma visto che da Ubud avevano fatto un passo a Sanur e quest’ultima per via dell’anzianità media del turismo, delle spiagge non belle della presenza principalmente di resort e strade a scorrimento più alto, davvero non ci è piaciuta. Mancavano un paio di giorni alla partenza decisa e prenotata ad Ubud, quindi ormai abbiam detto Kuta, anche se non ci piace è meglio di qui e almeno andiamo a trovare Létto, il dolce cagnolino che ci aveva rubato il cuore l’ultima sera balinese prima di Lombok più di un mese fa. Létto ci deve proprio ringraziare, l’abbiam tolto dalla strada e ora sembra davvero felicissimo, cresciuto poco poco, saltellante e in compagnia di un altro cane di casa se la scodinzola senza tregua tra i mille abbracci e le mille attenzioni di una casa affollata, ma grande e con spazi aperti. Ci siam permessi di disturbare la famiglia per andare a trovarlo, diavolo, gli abbiamo regalato un cagnolino fantastico! Senza alcun problema ci hanno accolto e fatto entrare, in quella casa sembrava di essere nuovamente a Ubud, senza tutti i tizi di Kuta che continuamente ti pressano (Yes boss? Yes? Brother? Shopping? Mushroom? Transport transoport? Yes? New Tatto?).
L’ultimo giorno è stato semplicemente un respirare lentamente i ricordi, facendoli decantare in caraffa come il miglior Porto Vintage.
Non fosse per la “svista” saremmo nella vecchia Saigon, Ho Chi Min City, invece son ancora qui a Jakarta, con Polly che come ti sbagli dorme, sono le dieci di mattina, è anche normale, tanto oggi ci sarà poco da fare e con i miei ricordi dai quali imi faccio assalire con piacere.

LE BIRRE:
devo fare un lista delle birre che metterò a fianco, a partire da  Hong Kong, ovvero da dove il grande viaggio è partito o meglio ripreso. Non amo bere birre comuni, soprattutto in questi paesi. Ora la posto qui:

Hong Kong---> Breuk (in casa) Hoegaarden (fuori)
Thailandia-----> Singha (la competizione con la Chang è durata davvero poco)
Malesia --------> Tiger
Indonesia------> Bintang (della quale mi son preso una maglietta in onore ai litri tracannati in questi due mesi)



giovedì 13 ottobre 2011

Altro addio

La cosa più bella era l’assenza totale di mezzi a motore. Biciclette e cavalli.
Abbiamo preso l’oscar per l’ultima volta in Indonesia. Non che avessimo girato qualche fantomatico film: L’oscar è semplicemente il carrettino, trainato dal cavallo, comune in Indonesia, ma unico mezzo alternativo alla bicicletta qui sulle isolette. Non ho visto nessuno andare semplicemente a cavallo, mi chiedo se sia una cosa culturale o sia stranamente incomprensibilmente proibito.  
E’ stata un po’ dura, come ogni volta, lasciare il posto. Quando mi fermo un po’, quando mischio un pezzetto della mia anima alla sabbia o al cemento non me ne vado mai facilmente, non tanto per la gente, che non ho mai amato in questa parte del paese, ma per il posto stesso. Difficile non amare un piccolo paradiso tropicale, dove tutto costa pochissimo, dormi su un bungalow a dieci metri dal mare, c’è sempre il sole, non esiste polizia, la gente è poca. Ti ci abitui al nulla e l’ozio sa essere una droga sensazionale, dà una dipendenza pericolosa, ma sa essere dolce come il miele.
Quindi via. Sono ora sul traghetto che mi riporta a Bali, faremo tappa a Ubud qualche giorno e se nulla cambia repentinamente la mia prossima nazione sarà il sognato Vietnam, trentesimo paese della mia vita e credo quinta terra di questa parte di viaggio ricominciata a Maggio.
Trenta, lo dico un po’ soddisfatto, ma ancora intimidito guardando le liste di paesi di qualche grande altro viaggiatore. Non son comunque pochi ed io ho tempo. In questo mese e mezzo dovrei inanellarne tre: Vietnam, Laos, Cambogia, prima di tornare in Thailandia, dove sono intenzionato a rimanere per almeno un paio di mesi. Voglio vederla bene questa volta.
Il viaggio fino a Ubud, tra trasferimenti in barca, traghetto e tragitti in minibus è molto lungo e questi giorni c’è vento. Un vento che sembra voler portare via i ricordi di questo splendido mese iniziato con i fantastici amici spagnoli (di cui ieri ho avuto notizie, sono tornati in patria) e che nel mezzo ha avuto un bella settimana corta in compagnia dei due ragazzi di cui ho già parlato, i novelli sposi di Milano. Le giornate sono passate come al solito velocemente, la maggior parte uguali, mattina sveglia presto e subito bagno al mare ancora assonnato, mentre Polly dorme; colazione a base di Pinapple pancake e Lombok coffè; sole e mare; pranzo o su chioschetto fronte mare o in un warung interno all’isola. Principalmente Nasi campur (riso fritto misto), Nasi o Mie goreng ayam  (riso o noodle fritti con pollo) o talvolta un sandwich. Pomeriggio riposino, perché siamo stanchi, magari sull’amaca o su un altro chioschetto fronte mare; due foto, un po’ di internet, e una birretta. Tutto d’introduzione al tramonto, spettacolo incredibile qui, visto che il sole s’addormenta dietro il vulcano, non so se l’avevo già scritto, ma è qualcosa che ti rimane dentro. Cena generalmente a base di pesce alla brace di legna, in uno dei ristornatini con chioschetto fronte mare e dopo Freedom bar per un po’ di musica dal vivo o direttamente casa, in compagnia dell’amaca e di ricordi Jamaicani, che non possiedi, ma  è come fossero tuoi.
Assolutamente da ricordare una delle più belle sere che si possano passare in viaggio è stata fornita dalla musica. L’ultima delle poche sere piacevoli in compagnia dei nuovi sposi è stata fatta al Freedom bar, dopo un interessantissimo viaggio micotico in cui io sono venuto a conoscenza di essere un cavaliere e giravo lungo la spiaggia dell’isola, in pieno buio, con la mia fedele spada (un pezzo di bamboo) e attraversavo villaggi e stagioni, non so perché. Al Freedom quella sera si son superati, un gruppetto di ragazzi del posto, tra cui l’amico Dedy, si mettono a suonare chitarra e bonghi. Il boss canta e suona con una discreta maestria, ma con una voce graffiante che ti segna anche se è priva di molte parole, Dedy che usava la chitarra come se fosse un basso e un altro ragazzo che ti strimpellava la chitarra in maniera che non crederesti: Quest’ultimo è un vero fenomeno, ho avuto il piacere di riascoltarlo qualche serata a seguire. Abbiam suggerito loro di tentare fortuna in Europa, perché sono davvero forti, la risposta è stata: Nulla vale la pena se devo lasciare la mia isola.
Sta di fatto che in quest’ennesimo chiosco colorato pieno di lucine ci siamo ritrovati noi quattro, più quattro o cinque musicisti, Ellie, una ragazza australiana, simpatica dall’atteggiamento ancora un po’ forzato di una ragazzina che già vuol essere un esperta matura hippie, ma dal sorriso ancora genuino, e pochissimi altri. Ci hanno regalato un concerto con una scaletta delle migliori serate rock: Dagli U2 ai Red Hot, da Cat Stevens a Bob  dylan ai beatles, i Rolling sotnes, Eagles, Joe Cocker, B.B. King e altri.


Non ci siamo fatti mancare nulla, ho pensato ai miei amici spagnoli in quel momento vedendo quanto ci divertivamo e quanto era in estasi il mio amico presente, anche per via di una puntata doppia sul banco del bar: frullato di funghi. Alla serata partecipava una pazzoide che dapprincipio credevamo fosse in viaggio, sempre tutto micotico in stile isola, ma nulla… Era semplicemente una donna con un piede sui quaranta che disperatamente cercava di fare la scema un po’ con tutti, un po’ finta hippie, un po’ finta giovane, un po’ finta donna. Bellissimo che ci sia stata, peccato solo che dopo un po’ era schernita da tutti e lei non se ne accorgeva, qui costruirsi qualcosa, qualche maschera addosso oltre che inutile è nocivo, il posto è talmente scevro di tutto che se ti metti una maschera è come se brillassi e puzzassi allo stesso tempo. Da aggiungere l’immancabile personaggio, irlandese, velocemente soprannominato in tutte le lingue presenti “il coglione”:  La faccia un po’ scemotta, l’abbigliamento un po’ scemotto ha preso una chitarra e ha iniziato a suonare per conto suo, in maniera tremenda,  mentre circa a un metro aveva i ragazzi che stavano offrendo tutta la magia della serata con la loro musica, fino a che una ragazza, dolcemente  stile pit bull gli ha ORDINATO di fare silenzio. Mi aggiungo anche io al “concerto” trovando un bellissimo bongo orfano di artista e piano piano mi accodo al ritmo e mi allego, un po’ in sordina, ma piacevolmente accettato dal complessino. Il coglione prende spunto trova due bonghetti più piccoli e inizia a martellarci sopra poco piacevolmente, questo in faccia ad un ragazzo che vistosamente avvelenato di un qualcosa,  probabilmente era eroina, si era rilassato in mezzo a noi ascoltando la musica ad occhi chiusi, trovando (spero almeno in quel momento) la pace e il piacere che cercava. Il ragazzo apre gli occhi, ma nulla, il coglione è partito e prosegue finché il concertino smette, il ragazzo se ne va sconsolato e guardando tutti (tutti eravamo concordi a prendere un po’ in giro il coglione). La serata finisce con il coglione che ancora batte non si sa per chi, tra le risate e qualche saluto perché il giorno dopo la nostra coppia d’amici parte e noi un po’ dispiaciuti per l’ennesima perdita ci riconsoleremo con il mare e le giornate d’ozio sopra descritte. So che non devo affezionarmi troppo alle persone che incontro in questi viaggi, ma non ci posso fare niente. Abbiamo trovato amici in spagna e in Italia, non ci perderemo grazie alla moderna tecnologia dei social network, ma sarà tanto il tempo che scorrerà prima di ritrovarci.
Polly ora dorme su una delle panchine del traghetto e io, come detto, scrivo. Spero che le mie parole arrivino da qualche parte, spero di far venir la voglia a chi mi ascolta di conoscere il mondo, sapendo che per quanto possa raccontare, con le parole riesco a descrivere solo poco degli infiniti momenti che vivo e che mi riempiono ogni giorno di emozioni, di aneddoti da raccontare, insomma d’esperienza di vita in presa diretta.
Ciao ai miei nuovi amici in Italia e ciao a questo posto meraviglioso. Ora ho fame e so che dopo ricorderò di non aver scritto troppe cose essenziali, ma come ogni volta quando una pagina è scritta rimane lì, il resto si vede che non era destinato a chi non l’ha vissuto augurandomi che possa viverne altrettanto.
Sono curioso di questi cinque giorni, di questo cuore balinese che molti hanno visto e di cui sento versioni differenti, la testa però è già a Ho Chi Min e sul Mekong, nomi che hanno un potere evocativo per me grandissimo e so che non mi deluderanno. L’ultima volta che andai in un luogo da cui ero attratto “vocalmente” rimasi molto deluso, era quella fogna di Casablanca.
Ricoro un ultima cosa, una momento bellissimo ero con il mio amico di Milano, con rispettive compagne, per andare a cena, si ferma sulla passeggiata tra i ristoranti costruiti sulla sabbia, dove intorno ci sono tutte lucine che danno un effetto soft e un poco fluorescente, dove se hai appena pregato rasta fari con sotto Jammin’ ti sembrerà di essere in un altro mondo, lì lui si ferma ed esclama: “Altro ceh via condotti, via monte napoleone o non so cosa:Questa è la via più bella del mondo”.  A me s’è schiuso il cuore, detto poi da un italiano abituato a Napoli, Roma, Firenze, Milano, vale doppio. Qualcun altro ha visto la bellezza del mondo nei luoghi più semplici: una vietta sulla sabbia con tre lucine messe in croce e due ristorantini costruiti alla meglio con il legno. E’ bello sapere che non sei l’unico matto.