venerdì 11 novembre 2011

Delusioni, speranze, cambi di programma.



E’ tantissimo tempo che non scrivevo dalla pancia di un treno, pensare che qualche anno fa, quando stavo partorendo il mio primo romanzo ero solito scrivere quasi esclusivamente in treno sulla tratta che da Milano mi riportava a Roma per rivedere famiglia e amici.
Il treno dove mi trovo oggi è il secondo che prendo da quando sono ri-partito (il primo è stato Jakarta – Bogor) ed è bellissimo o comunque lo definirei poetico.
La prima classe dove involontariamente mi trovo è tutta in legno, panche comprese, aria condizionata, unica nota stonata questo terribile vizio di imporre qualcosa agli altri (tipico di paese comunista): Come sull’aliscafo per Phu Quoc ci dobbiamo sorbire oltre due ore di musica, perdonatemi il termine, di merda ad alto volume. Non è questione di ignoranza o di differente cultura, non è questione di gusto, parliamo proprio di musica di merda. Fosse musica tradizionale Vietnamita, non capirei comunque perché imposta, ma avrebbe un senso. Intendo avrebbe un senso l’esistenza di questa musica, che a me piaccia o meno. Questa è invece moderna musica leggera, una pena infinita accompagnata da video che peggiorano, cosa che sembrava impossibile, la stessa musica. Pazienza perché ormai ci ho fatto l’abitudine.
Il treno rimane bello e ne sono contento, se poi penso che si tratta di un treno di cui la prima classe costa 1,80 euro viene da sorrdere. In Italia i vari freccia qualcosa ormai sono treni splendidi per i quali comunque devi pagare prezzi in qualsiasi caso sproporzionati, fuori da ogni concezione divina. Per i treni normali devi fare solo grande attenzione a non prendere malattie, non so quanto spesso vi capita di prendere treni in Italia, dire che fanno schifo a livello di igiene è essere molto gentili, roba da terzo mondo. Sulla tratta Torino Savona cinque anni fa presi le piattole, mi facevo schifo da solo, roba da non crederci. Qui siamo in Vietnam, loro hanno una condizione di pulizia personale che rasenta lo zero eppure questo treno è quanto meno decente anche in seconda classe, dove semplicemente manca l’aria condizionata, am almeno sono graziati dalla non presenza di questa palla clamorosa che tedia i miei timpani, a saperlo, avrei pagato di più per la seconda classe…
Mui ne è stata, come dire, di media rilevanza? Suona male, insomma niente di speciale. L’acqua molto inquinata, visibilmente sporca, cosa che non mi aspettavo. Interessante il porto del villaggio dei pescatori, meno il villaggio stesso che è un semplice proseguimento di Mui ne, in compenso non sono affatto male le dune di sabbia quasi bianca a una ventina di chilometri dal paese, niente di sensazionale anche se vengono pubblicizzate come qualcosa di imperdibile, ma già che si è qui è bene vederle, anche perché c’è ben poco altro. Stesso discorso per le dune di sabbia rossa, più vicine e più frequentate da turisti. Qui dovrebbe essere bello il tramonto, purtoppo è un periodo molto nuvoloso e di tramonti non se ne parla, comunque un luogo suggestivo e particolare, non so se davvero valga il viaggio, perché ripeto, tolte le dune Mui Ne non ha davvero senso, ma d’altronde finché non si è qui non si può sapere. Stupidamente, tenendo in mente come sempre Halong Bay, spero in un felice passaggio per Dalat.
Stupidamente.
Dalat è … Evito. Dalat non mi è piaciuta. Dicono sia la svizzera del Vietnam. Sarebbe stato un motivo per non venire. Tra l’altro l’ironia vuole che qui abbia assaggiato la peggior cioccolata calda della mia vita. Venire in Vietnam per trovare un paese alquanto moderno, pulito se si considerano gli stadard  del posto e con pressoché nulla di tipico ditemi che senso ha e poi fa freddo. Non che faccia davvero freddo, sono ventuno ventudue gradi (immaginatevi quanto si coprano loro, si coprivano a trenta gradi, qui vedi gente con passamontagna, piumini e paraorecchie!!), ma dopo oltre sei mesi di trenta e passa gradi, sento freddo ed è una cosa che odio e mi ricorda l’ennesimo motivo perché ho mollato l’europa almeno per ora, io sono fan del caldo over 30. Dicono abbia dei paesaggi strepitosi. Ha delle cascate, nulla di speciale, il vietnam è ben altro, al sola vista del Mekong vale mille cascate e valli di Dalat. E’ un paese di montagna, quindi ha delle discreti paesaggi montanari, che potete vedere però quasi in ogni posto di montagna. Con la differenza è che qui cascate, rucelli e piccoli paesaggi sono rovinati dalle montagne di immondizie lasciate dai seguaci di falò notturni. La ricerca di distruggere l’ambiente non è dedicata solo al mare, spero impareranno.  Se passate dal Vietnam, cosa intelligentissima perché oltre a essere bellissimo imparerete molto su una cultura differente, fate una cosa, dedicate più tempo al resto, che da vedere di ce n’è proprio tanto e purtoppo per vedere Mui ne e Dalat ho perso Hoi an, che sicuramente era più carina.
Detto questo una cosa divertente è stata l’avventura in motorino. Vicino DAlat c’è un villaggio di una piccola minoranza etnica, che dicono non essere più nulla di particolare, le vere minoranze sono nei pressi di Sapa, però dato che qui non c’è nulla proviamo a raggiungerlo, ma da soli, non amando le gite organizzate che ti portano in un sacco di posti di cui non mi interessa nulla. Il villaggio non lo troviamo perché seguiamo alla lettera le indicazioni della L.P. (quando mai, ieri a fianco a me c’erano due turisti con una guida del Vietnam della Fodor’s – MIRAGGIO – da queste parti è introvabile, regna solo L.P., ero invidiosissimo.), in compenso iniziamo a salire la montanga seguendo la strada che a onor del velo regala qualche bel paesaggio ed è fatta di un bellissimo asfalto scuro. Termina l’asfalto scuro e inizia la terra battuta esattamente quando inizia la pioggia. Proseguiamo, magari ci sarà qualcosa, perdersi è spesso divertente. Circa dieci chilometri in salita, su una strada che diventa scivolosa e sempre più pericolosa, la pioggia che non molla un’attimo, vere e proprie fosse d’acqua difficili da affrontare con un enduro vengono navigate con il nostro impavido motorino. Continuiamo fino a su, in cima, zuppi e fango ovunque. Io più che altro tempo per l’incolumità dalla mia Canon, ok la tropicalizazione, ok tutto, però qui l’acqua è tanta, il fango pure e non possiamo cadere. Perché perché se cadi rischi di andare giù, ma tanto giù, la strada a tratti è stretta e un paio di volte mi tocca far scedere Polly per tentare l’attraversata che riesce sempre. Arrivati in cima torniamo indietro, è inutile proseguire, non c’è nulla e i pochi motorini che vedevamo passare e che ci davano speranza per la presenza di qualcosa erano solo operai che stanno preparando l’asfalto che verrà. Qui è solo montagna per chilometri e chilometri.
Tornati a pezzi, un bel po’ incazzati per il posto che iniziamo a odiare anche oltre il dovuto, ma infine divertiti ci chiudiamo a casa a vedere qualche serie americana scaricata da internet pregando che il tempo passi velocemente e facendoci una ragione dei sei giorni più o meno buttati tra Mui Ne e Dalat (se si pensa che abbiamo dovuto rinunciare ad altro).
Di una cosa sono particolarmente soddisfatto, il caffè. Il caffè Vietnamita è buonissimo, forte e dal profumo molto intenso, hanno un modo di prepararlo molto particolare che ricorda un po’ il caffè americano un po’ la macchinetta napoletana. In molte parti della nazione trovi un caffè indecente, ma mi è capitato di assaggiarne di ottimo a Saigon e di eccezionale qui a Dalat. Dopo il nostro espresso è sicuramente quello che ho amato di più. Ricordo con piacere quello indonesiano che trova il suo apice a Lombok, quando sei fortunato nel trovare chi lo sa preparare. Ricordo con affetto il caffè greco che non amo molto (credo, ma non sono sicuro sia uguale a quello turco), sorseggiato ai piedi dell’acropoli e quello americano, che abbiamo provato un po’ tutti e che è un insulto al nome caffè. A Dalat il caffè è così buono perché lo fanno qui. Vicino ci sono le piantagioni di caffè più famose del vietnam è che sono perfette per la preparazione di questo tipo di caffè. Se i chicci fossero tostati e preparati per  il nostro espresso il livello sarebbe basso, per il caffè Vietnamita è il non plus ultra.
Una nota anche per il famoso (??) vino di Dalat, rosso. Non è buono. Ha un’acidita che definirei semplicemente sbagliata mista ad una punta di dolcezza che non richiama nessun sapore. E’ pieno di sapori secondari, intendo quelli fermentativi, ricco di gomma da masticare, note caramellate stucchevoli, e tutti quei sapori che vengono dalla fermentazione. Eppure ci ho trovato qualcosa. E’ chiaro che è un vino che ha un suo potenziale, ma non c’è la cultura per una corretta produzione. Mi viene in mente il mio maestro, il mitico Sandro Sangiorgi, una delle poche voci veramente sapienti in campo di vino vero, non di quelle porcate che siete abituati a bere e che comprate al supermercato. Vorrei tanto sapere come si esprimerebbe a riguardo. Vorrei sapere se converrebbe con me nel trovare potenzialità inespresse in questo vitigno di cui non so il nome o semplicemente lo boccerebbe come la stragrande maggioranza dei vini stranieri (e per stranieri intendo non tialiani e non francesi), secondo lui e io convengo pienamente se ne salvano davvero davvero pochi.
Volo per Hanoi con un sorriso incredibile, talmente contenti che non mi altero nemmeno per il tentativo di truffa del tassista. Non ho ben capito se cercasse di portarci in quale posto particolare dove poter truffarci per bene oppure semplicemente volesse portarci in un albergo differente. Sta di fatto che impiegava troppo tempo, si fermava e parlava al telefono, più volte ed erano quasi le dieci di sera. Non che Hanoi sia pericolosa, ma stanchi, con gli zaini e affamati non ho prorpio la voglia di esser preso per il culo dal primo vietnamita che passa, chiedo di fermarci dove siamo e proseguiremo da soli, li per li fa finta di nulla, alla terza urlo un netto STOP RIGHT NOW e si ferma, poi non vuole aprire il portabagagli del taxi, ma non fa grande resistenza, gli mollo i soldi dovuti e lo mando a fare in culo, non so se abbia capito, non eravamo distanti, un paio di chilometri, ma vista la cartina alla prima connessione internet trovata ci stavamo allontanando. Diametralmente all’opposto ci stava portando lo pseudo furbo.
Il fatto non scalfisce minimamente la felicità di essercene andato da Dalat ed essere in una città così profondamente interessante.
La capitale lo è davvero, interessante dico. E’ piena in ogni senso: Di traffico, di gente, do colori, di “situazioni”. Per situazioni intendo gente raggruppata sui marciapiedi a fare qualcosa. In che senso? Nel senso Che qui si vive sui marciapiedi. Migliaia di ristornatini luridi improvvisati, migliaia di caffetterie improvvisate, tutto sui marciapiedi a ostruire ogni minimo passaggio. Motorini parcheggiati in mezzo e spesso di fronte le entrate dei negozi così da impedire l’acceso a essi: Non è intelligentissima come cosa, ok è un popolo davvero curioso, intrigante e colorata, ma l’intelligenza generale è davvero purtroppo bassa, non si dice? Non mi interessa di essere politicamente corretto. Io riporto quello che vedo, senza peli sulla lingua. D’altronde vedere un negozio in cui entri per acquistare qualcosa, ma non lo fai perché chi di dovere sta sonnecchiando sdraiato per terra, in mezzo al negozio, è una cosa stupida, anche se la trovo incredibilmente bella e mi fa innamorare ulteriormente di questi posti. Ha noi è questo. Quel tipo di caos e confusione e colore e volti segnati a cui non posso resistere, che amo profondamente. E’ un amore e odio che si mischiano facendo sempre prevalere la forte passione che mi attrae verso questi inferni. Il colera in Vietnam è sempre dietro l’angolo, la dengue un po’ ovunque, tifo ed epatiti come se piovesse, ma basta fare un minimo d’attenzione, comportarsi tenendo a mente le normali norme igieniche e non ci sono problemi. Non è questo a fermarmi, anzi in qualche modo è qualcosa che aggiunge interesse.
Ammetto che a volte quando son stanco il comportamento medio dell’indocinese ti fa venire il latte alle ginocchia, a tratt ho punte di cattiveria, poi mi calmo e capisco, questo mondo è così o lo afferri e lo vivi così com’è o ti incazzi e perdi tutto lo spettacolo che c’è e sarebbe davvero stupido.
Siamo sul treno per Haiphong, da dove poi raggiungeremo Cat Ba Island e la meraviglia di Halong Bay e le leggende di un drago che ha creato tutto quello spettacolo. Dovevamo andare a Sapa, ma per questione di orari del treno, treni pieni non si è potuto fare. Ci dedichiamo bene e senza fretta ad uno dei posti principi del pianeta, se poi ci sarà tempo e modo andremo a vedere la bellissima Sapa, che però ha posti simili nel mondo, dovremo dedicare anche almeno un'altra giornata a Ha noi, merita, ma fare di corsa Halong Bay per me era inconcepile, soprattutto dolo le delusioni sovra citate. Voglio vedere il tutto con calma, qui fanno tutti un tour da due tre giorni ed è inconcepibile vista la vastità del posto e la meraviglia.
Ne sono sicuro, Halong Bay non può deludermi.






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