domenica 18 settembre 2011

La tartaruga, il corazon catalano e il viaggio micotico.


Il viaggio per Lombok non è delicatissimo, la sveglia che doveva essere alle 5 e 15 è stata alle 4 45 per simpatici motivi, dovevamo arrivare a destinazione per le 4 e siamo qui che sono circa le 7. Non male. La stanchezza è forte, ma il posto sembra essere quello che cercavamo: Mare, spiaggia, sole, poca festa, tranquillità, zero traffico (e qui non esistono mezzi a motore).
Sembra perfetto e il fato che ieri ci ha permesso d'incontrare un nuovo amico, anche se per poche ore, ce ne ha regalati altri tre oggi. Al porto per l’imbarco incontriamo tre ragazzi spagnoli, catalani per la precisione. Mirko, Pepe e Juanma. Per completezza d’informazione devo dire che li abbiamo incontrati nuovamente: Mirko era al mio fianco sull’aereo da Kuala Lumpur a Jakarta, dove scambiai due chiacchiere e colsi il suggerimento di passare per JogJakarta. Li incontriamo al porto, avevano scelto lo stesso giorno per andare nello stesso identico posto che abbiamo scelto noi. La coincidenza è piacevole e dopo qualche schermaglia di chiacchiere al porto ci sediamo tutti insieme sul traghetto e iniziamo a raccontarci un po’. L’intesa sembra buona.
L’isoletta di cui non rivelerò il nome è molto bella. Ci sono moltissime isole tra Bali e Lombok, non so se questa sia la migliore, ma lo è se si considera il periodo dell’anno perché è una delle isole considerate un po' più turistiche delle altre, invece ora non ne è molto carica, quindi perfetto. Va considerato che da Lombok in poi il turismo comunque assume forme più blande, dove gli europei scarseggiano. Quest’isola non è un gran segreto in fin dei conti, è una delle mete che si raggiungono da Bali, ma spesso è una tappa che salta perché il viaggio non è breve o comunque si spendono qui solo un paio di giorni, vivendola come tappa per far festa e un po’ di mare, perché soprattutto in agosto dove il turismo europeo Bali si mescola a quello costante australiano, è una situazione più affollata come ho spiegato. Il magico di quest’isola, quindi, non viene colto quasi mai. Un'isoletta che si gira in un paio d’ore a piedi, dove quasi sempre la sera c’è una festa in uno dei locali sulla spiaggia, ma che con il poco turismo trovare la pace e la tranquillità è più facile che trovare la festa stessa. Vi scrivo ora dalla mia casetta da sogno: Un primo ed unico piano, tutto costruito in legno con tetto in paglia, affacciato sul mare. Non è male svegliarsi la mattina e ancora assonnato fare un tuffo nel mare cristallino contornato da spiaggia bianca. Cosa che non ho fatto oggi, ché sono qui a scrivere per raccontarvi. Le giornate passano piano e tra i discorsi con gli amici spagnoli, un bagno, un piatto di nasi goreng (riso fritto) e qualche bintang condita con la tabacco sporcato da vegetazione locale, piacevole.
Il posto, ragazzi, è davvero notevole, la barriera corallina, bella, ma niente di sensazionale è comunque un bel regalo da farsi. Nuotare nei suoi pressi con quest’acqua vagamente calda ti fredda la pelle dopo una mezz’ora ma sicuramente l’anima è più calda, soprattutto dopo aver incontrato una splendida tataruga di circa un metro che si lasciava accarezzare senza interrompere il suo tragitto, fluttuare sott’acqua insieme a lei, seguirla è stato un po’ respirare l’energia di questo pianeta, è stato ritrovarsi ancora.

L’indonesia è particolare per molti motivi qui c’è la pena di morte per il traffico di droga, anche leggera, la carcerazione per il consumo anche solo di una canna, ma i magic mushrooms sono legali. Una contraddizione fenomenale.
Due giorni or sono abbiamo condiviso insieme a los colegas un favoloso viaggio micotico che ha segnato piacevolmente questa sosta indonesiana. Le stelle più belle e più vicine, la luna rossa fuoco prima e lucidata dal vento poi, le luci della stradina, la musica, la festa... Un viaggio difficilmente raccontabile con le parole. Dovrei fermarmi e scrivere un libro a parte di una serata magica e colorata dove Spagna e Italia si sono trovate come sorelle dall’altra parte del mondo, tra l’altro nelle vene di mirko scorre anche il sangue della mamma italiana, romana.
Ora chiudo che gli amici m’attendono per un giro dell’isola e forse un’altra “immersione” con la puesta del sol. Proprio quest’anno che la mia Roma allaccia redini con il Barcellona trovo amici catalani: Mirko, come dicevo mezzosangue romano, mezzo basco e catalano di nascita. Battuta sempre pronta che purtroppo ogni tanto mi sfugge e me ne rendo conto perché il mio spagnolo castigliano è arrugginito. Pepe, amante delle immersioni e grande dialogatore, altra perona squisita al pari di Mirko, ci ha invitato nella sua casa molto grande se riusciremo a passare per Barcellona nel ritorno verso Prigione Italia. Juanma, il rasta (una volta erano tutti e tre rasta), con dreadlock lunghi sette anni e biondi, il più tranquillo, zero parole inglese e un po’ comprende l’italiano. Si chiacchiera anche con lui, il mio spagnolo sta tornando vagamente accettabile.

Bali e il dolce incontro finale


Bali è bella, non c'è che dire, ma di questo non parlerò molto perché Bali la conosco in molti, moltissimi.
Sono sincero, m'aspettavo di più, è purtroppo invece fagocitata dal turismo e dal modo diverso d'essere dei balinesi in confronto al resto degli indonesiani. Non è tanto il fatto del balinese in sé: è il turismo che ha un po’ corrotto l’anima di queste persone. E’ una continua richiesta di soldi declinati in viaggi, trasporto anche se sei già in motorino, droghe. Una cosa pedissequa al punto di diventare stancante.
Kuta è particolare, il turismo è pressante e soprattutto da giovanissimi australiani che si riversano in Legian street facendo alzare il prezzo di tutto e creando un caos poco piacevole se non sei più ventenne. Mi sono consolato passando qualche serata tra le vie interne al paese, più tranquille e più tipiche. Quello che più di tutti mi ha colpito di Bali è che quando riesci a non trovare traffico e quindi forte puzza di smog l’odore dell’aria è stupendo, odore di miele e di fiori. Finalmente qualcosa di positivo.
Affittiamo uno scooter per girare un po’, mi pare il minimo. L’attenzione che serve da queste parti è altissima, perché la guida è davvero pericolosa, avendo l’abitudine gli indonesiani, come un po’ tutto “questo tipo di mondo” a non saper guidare in primis e a non rispettare minimamente non tanto le regole stradali, quanto quelle della sicurezza e del buon senso. Facilmente ti puoi trovare un suv in contromano in curva dopo una salita. Quindi si guida pianissimo e con grande attenzione. Il prezzo della benzina è paurosamente basso. Come l’affitto stesso del motorino a meno di 5 euro al giorno…
Con il motorino abbiamo girato un bel po’ i dintorni di Kuta, visitando diverse spiagge, tra cui la bella Dreamland e la spettacolare Uluwatu, meta di surfisti seri.
L’avventura a Dreamland è stata poco piacevole perché è stato uno di quei giorni per me disastrosi, dove me ne capitano una dopo l’altra e letteralmente ci siamo rovinati la giornata:
Dopo nemmeno un ora parto con le foto, bordo acqua e un onda arriva alta bagnandomi il costume e di fatto spegnendo definitivamente il mio iphone in tasca. Un danno vero visto il viaggio e l’importanza che questa device ha per me (considerando musica, telefono, ma soprattutto la possibilità di essere sempre reperibile con internet e poi.. Le mappe! Non ti perdi mai), anzi per noi.
Scoprirò poi che il danno è ancora più serio perché in indonesia non possono riparare questo tipo di danno perché bisogna sostituire una parte che qui non hanno, ho dovuto quindi comprarne uno nuovo e un iphone non costa mai poco.
Dopo poco il fattaccio attendevo qualche altra piccola sciagura visto che so che quando mi capita qualcosa del genere ne arriva sempre un’altra o due attaccate a condire meglio la giornata.
Chiavi del motorino scomparse. A venti chilometri da Kuta ho dovuto chiamare un ragazzo che “fa le chiavi dei motorini”, così dicono semplicemente. Tu lo chiami e lui in un quarto d’ora riesce a fare una chiave perfettamente funzionante senza avere l’originale, ma guardando dentro le fessure con una torcetta e facendo tentativi. Dopo una piccola contrattazione, sempre divertente perché vai a trattare per pochi euro, ma che qui sembrano sempre tanti, ho staccato un prezzodi dodici euro per la chiave e l’intervento, partendo da venti e sapendo che a Kuta si trova a 6. Poco male.
In viaggio, in questo tipo di viaggio,uno dei trucchi per rimanere sempre a galla e quello di pensare nella valuta locale. Se considero tutto in euro, costa tutto poco, ma due euro qui e due euro li fai cinquanta sessanta euro al giorno e termini facilmente il budget mensile. Indonesia: pensare in rupie come in Thailandia erano bath e a Hong Kong dollari. Se il budget è ridotto è fondamentale il negozio, la contrattazione.
In ultimo abbiamo avuto il piacere di farci rubare le infradito di Polly, sulla spiaggia, mentre attendevamo il ragazzo delle chiavi, probabile sia stata una straniera più che un locale. La cosiddetta ciliegina.

Chiunque sia stato a Bali avrà notato la simpatica abitudine ad offrire religiosamente una composizione di fiori difronte ad ogni locale, albergo o abitazione. Tipico induismo balinese. Un bel punto di colore, una delle molte tradizioni  balinesi.
L’altra spiaggia, Uluwatu è spettacolare, di spiaggia vera e proprio ce ne è poca, è piccola e divisa da due rocce. E’ tutto un po’ roccioso, tanto che non è facile farsi il bagno, più che altro è un immergersi nelle piccole piscine naturali che si formano tra le rocce, ma lo spettacolo è davvero di alto livello. Spiaggia nel complesso magnifica e ristorantini in alto, a strapiombo sul mare che offrono un panorama mozzafiato. Luogo dove perdersi facilmente con i pensieri davanti ad una Bintang, che vuol dire stella la birra indonesiana. Devo ricordarmi di fare un elenco delle birre in viaggio.
Tornando a casa noto molte svastiche, ne ricordo diverse anche a hong kong e in Thailandia. Chiaro che qui il significato e tutt’altro, ma da europeo non posso fare a meno di pensare a ciò che una svastica è per noi, e alla profonda stupidità di troppa e troppa gente.
I pensieri viaggiano mentre si sfila con il motorino tra i pericoli mortali che queste strade offrono, l’indonesia è un bel paese, non mi fa impazzire Bali, però non ci lamentiamo. Un paese difficile, si trova su una placca terrestre molto attiva, quindi frequentemente colpito da terremoti e tsunami, un ennesimo ha fatto fuori oltre quattrocento persone nemmeno un anno fa, nonché spesso colpito da eruzioni serie, qui i vulcani attivi sono numerosissimi e sempre in agguato.
Penso quanto mi fa ridere, come successe anche in Thailandia che qui è pieno di gente, spesso indiani che hanno un’attività come sarti e ti vogliono vendere per forza un vestito. Già non è semplice che un italiano si faccia fare un vestito in queste parti del mondo, ma poi un completo cin questo caldo? Davvero a loro sembra una mossa intelligente, un business fruttuoso?
I pochi giorni a Kuta passano tra le spiagge ele due guest house, nella prima delle due conosco Newman: Esatto, proprio come l’attore, ma questo è il suo nome. Simpatico, mi da qualche consiglio, ci faccio delle chiacchiere come sempre, ma mi racconta poco di lui, mia aiuta a trovare però un’altra guest house perché questa chiude del tutto. Siamo stati gli ultimi clienti in assoluto della ANOM DEWI guest house, riaprirà i battenti tra cinque o sei mesi, forse con un nome nuovo, ristrutturata e meno economica, ora pagavamo per un posto davvero carino circa 12 euro a notte.
L’ultima notte una gradito incontro, mentre tornavamo al Surf doggie inn per una nottata molto corta (ci dovevamo alzare all 5,30 per iniziare il viaggio verso Lombok, cercando un po’ di paradiso), incontriamo un simpaticissimo amichetto a 4 zampe. Un cucciolo, non ho capito se mezzosangue o razza di queste parti, perché anche se cucciolo sembra proprio uno di questi cani che girano a Bali. Miele, coda lievemente arrotolato verso l’alto e simpaticissimo.
Il sacchetto di pulci contiene due zecche (tre, ma la terza la troveremo in mattinata) per le quali mi adopererò con cautela sfilandole del tutto vive dalla pelle del piccolo amichetto che rimarrà senza nome dopo averne valutati un po’, noi avevamo iniziato a chiamarlo semplicemente Létto, diminutivo di cagnoletto, parto mentale della mia Polly. Létto ci tiene compagnia, è giocherellone e evidentemente in festa per il primo amore ricevuto in nemmeno un mese di vita per strada. E’ un bel po’ sporco e affamato. Troviamo del latte scremato alla vaniglia e dei biscotti (per il pasto ho consultato mia cugina per via telematica, non sapevo davvero cosa dare al pupetto). LA notte che doveva essere dura per le poche ore è stata piacevole, anche se ancora più corta. Ho dormito si e no tre ore, alle 5 ho fatto fare una passeggiatina a Létto, intestinalmente poco produttiva, ma li ho fatto colazione con il sorriso sulle labbra nonostante l’orario. Attendiano il ragazzo che ci deve passare a prendere per portarci al porto, un’ora di tragitto, dove prenderemo il traghetto diverse ore di tragitto, dove attenderemo due ore per attraccare a Lombok, un'altra oretta abbondante per arrivare ad un'altra barca che in venti minuti ci porterà su un ennesimo isola. Il tipo che si doveva presentare alle 6 si presenta alle 7 stravolgendo i nostri piani che consistevano nel portare Létto con noi, per poi trovargli una famiglia perché anche se avremmo voluto poteva stare con noi solo qui in indonesia, la legge non prevede di portarlo in aereo senza i dovuti vaccini, certificazioni, analisi e ci vuole qualche mese che proprio non abbiamo. Sapevamo sarebbe stato straziante separarci dopo un mesetto, ma era meglio così, non potevamo lasciare quel batuffolo simpatico in mezzo alla strada, mi sarei sentito come abbandonarlo personalmente, non esiste. Invece ecco qui che un minuto prima ceh il tizio si presentasse troviamo una simpatica ragazza, che ha già un cane e che promette se ne prenderà cura lei. Sembra davvero contenta, anche perché il nostro cucciolo è irresistibile e ha un bel sorriso, il che promette bene, avrà sicuramente un buon cuore.
Lo ammetto qualche lacrima scende anche dopo poche ore passiate insieme, d’altronde un cane riesce con l’amore che infonde a toccare quelle corde più profonde e Polly si perde un po’ nei ricordi e per qualche giorno ogni cosa le ricorda il cuccilo e immagina sempre come sarebbe stato se…  Siamo comunque contenti, abbiamo messo in salvo Létto e gli abbiamo trovato casa. Il cuore è in pace anche se un filo triste. Avevo pensato anche in qualce mnodo di mandarlo a Erass a JogJa, ma la cosa non era facile, anche se lui l’avrebbe sicuramente amato (tramite sms si è mostrato subito disponibile ad adottarlo).
Ciao cagnoletto, buona vita noi andiamo su un isoletta vicino Lombok di cui non diciamo il nome cercando un po’ di paradiso e amici nuovi.

mercoledì 7 settembre 2011

Erass, la sexy city, la favela buona e il tempio



Atterrati già stanchi. Le punture delle cimici da materasso di KL si fanno sentire, e lo faranno ancora per qualche giorno. L’aeroporto di Jogja, Yogja (si può scrivere in mille modi pare) è piccolissimo, un solo nostro per i bagagli e gente d’ogni tipo. C’è addirittura chi ha trasportato taniche d’acqua, ma vi assicuro che a Yogjakarta l’acqua c’è…
Lottiamo un po’ per un posto sull’autobus che ci porterà a Maliboro, la via/zona dove abbiamo appuntamento con Erass, il nostro secondo “amico” di couchsurfing e ancora entusiasti della prima esperienza siamo colmi di speranza.
Arrivati. L’impatto è forte. La casa di Erass e Jimmy, il coinquilino è da hard backpakers. E’ evidente che è una casa che ha una storia, dove sono state spese notti colme di racconti, ma è davvero dura. Appena entri noti una mutanda di una ragazza appesa su un lampadario rotto, a mo’ di trofeo; un bel graffito sul muro; un materassino del Barcellona calcio sporco lurido per terra, nel salone; una cuccia/lettino di un cane che non c’è più; confusione. Il nostro riposo sarà speso con grande nostalgia di Yudi, su un doppio pezzo di gommapiuma messo per terra e la camera è tutta lì: Spartana allo stato puro. Non che questo sia il problema, ci adattiamo tranquillamente, fa tutto parte del gioco. Il problema sta nella zona bagno e cucina, che a chiamarli così si è estremamente gentili e ottimisti. Sembra un posto disabitato, con una lampadina appesa ad illuminare entrambi gli ambienti. LA cucina praticamente non esiste, c’è un lavandino in muratura, mai lavato, una piastra elettrica mezza rotta, il pavimento non c’è (solo gettata di cemento), lo spazio per un eventuale elettrodomestico è ovviamente vuoto e pieno di sporcizia. Il bagno non è nemmeno il tipico indonesiano, c’è solo un lavabo pieno d’acqua, che insieme ad una piccola bacinella con manico serve per lavarsi e una turca. Lo sporco è notevole. Di puzze almeno non ce ne sono. Lo sconforto, ammetto, un po’ sale, anche per via della stanchezza e dello stress portato dal prurito, ma qui è brava Polly a rincuorarmi. Provvederemo domani, anche perché con tutto lo spirito d’adattamento non me la sento di far passare più di una notte qui l’altra parte di me, Polly, che tra l’altro è anche in un periodo in cui un bagno davvero serve, il famoso ventottesimo giorno.
Nonostante questo la serata scorre piacevole con un po’ di birra perché i due ragazzi si scoprono loquaci e simpatici. Erass ci racconta della sua vita, non facile come era intuibile. Perde la mamma appena nato e cresce dove nasce, ovvero a Bali. E’ un artista di Batik e un ballerino: impersona un demone in una danza tipica, per questo ha sempre le unghie lunghe e molto curate, in più collabora con un agenzia di viaggi ed è un guida turistica a Bali, ma preferisce vivere qui nella “sexy city” come la definisce, perché è un posto più ricco di avventure, anche se meno bello della sua Bali. La serata finisce parlando molto di religione: ci spiega profondamente l’induismo, di cui è un grande credente delucidandoci sul fatto che al contrario di come si crede e si studia spesso, non è una religione politeistica, il Dio è uno e tutti gli altri che noi crediamo essere dei (i vari Shiva, Visnu, Brahma, Ganesh, Kali) sono solo dei Lord a servizio di Dio, una sorta di angeli diciamo. Il discorso poi balla confrontando il crisitianesimo, Polly ed io, l’induismo di Erass, e l’islam di Jimmy che scommette di essere il più peccatore dei tre e a dir la verità anche se ancora crede proprio non riesce più a seguire i dettami religiosi, lui crede in Allah, tutto il resto sono solo regole per governare… Sorvoliamo, perché il discorso si fa lungo e su molte cose siamo tutti d’accordo, come lo sono le nostre religioni su alcune storie. Non sapevo assolutamente che nell’induismo Dio caccio l’uomo dal paradiso perché qualcuno mangiò un frutto proibito, ma non era una mela.
La serata come ho detto è scorsa piacevolmente facendoci dimenticare il disagio del luogo e rimandando a domani un eventuale decisione sul da farsi.
Purtroppo la notte non è felice: Noi ci aspettavamo una notte insonne a causa del caldo atroce che invece non c’è. Il problema è la scomodità assoluta di quel giaciglio, che potrebbe passare per una persona sola, ma per due diventa un problema per via della differenza di peso dei due corpi sulla gommapiuma. Più il rumore. Un rumore continuo e fastidioso di macchine dalle 3 in poi, aggiunto a quello della litania musulmana che credo parta qui alle 5 di mattina.
Ci svegliamo con un mal di testa abbastanza sonoro, localizzato e condiviso.
Prepariamo velocemente i bagagli, mentre Jimmy è via e Erass dorme in “salotto”. Trovo un alberghetto appena decente che sembra una regia al confronto per meno di quindici euro la doppia, a notte. Con il motorino affittato la sera prima faccio il trasloco e avverto Erass che ci spostiamo. Utilizzo una scusa vecchia come il mondo: Polly sta poco bene, ha la pressione bassa, sai le donne… Le serve una doccia e del riposo più profondo, ma no amico mio ci sentiamo dopo, magari stasera ok? Tutto ok.

Il giorno dopo andiamo con lo scooter nei pressi del vulcano a visitare i resti dell’eruzione dello scorso anno che è stata alquanto devastante cancellando del tutto un villaggio e massacrandone diversi. L’Eruzione del vulcano di Yogja era sì prevista, ma per un raggio di 5 chilometri, non per i venti effettivi che ha toccato. Il panorama è impressionante, la terra spaccata e visibili sono ancora le venature come fiumi asciutti, dove è passata la lava. Tutti gli alberi spezzati e bruciati. Resti di case dove sopra sono stati disegnati splendidi Murales di ragazzi seduti per terra ritratti di schiena che mi ricordano una gita a Grottaglie, in Puglia. Cenere ovunque. Saliamo con il motorino fino all’ultimo villaggio. Scorgo un fotografo che sta facendo uno shooting con una modella sul ciglio di un dirupo: sicuramente luogo suggestivo, ma lo trovo davvero fuori luogo. Saliamo a piedi un po’, per vedere dove si arriva, con la speranza di poter arrivare sin su alla bocca del vulcano. La vegetazione è ricresciuta in fretta, man mano che si sale girandoti vedi i segni della colata di lava e lo spettacolo è davvero grandioso, mai vista una cosa del genere. Polly si ferma perché il fiato non regge, superato l’ultimo villaggio, quello cancellato, io proseguo per vedere ciò che si può scorgere. Proseguo dieci minuti, abbastanza duri e mi devo fermare, il sentiero, tra gli alberi divelti e la cenere finisce, per proseguire solo vegetazione e cmq da lì servirebbe una guida e non ho nemmeno l’abbigliamento adatto. Mi fermo un attimo per sentire quel silenzio assoluto che pochi luoghi ti possono dare ed è come se sentissi tutta la potenza di un vulcano che dorme, ma da li a un anno tornerà a farsi sentire, tutti sperano e prevedono, comunque, con maggior calma
Si torna a casa e facciamo serata in un locale orrendo, un capannone dove suonano una schifezza di musica dal vivo, annegandoci nella vodka. Polly sale anche sul palco per festeggiare un finto compleanno. Divertente, storie di viaggio. La vodka era indonesiana (ne hanno tantissime) con il succo di Lychee.

Oggi, appunto mercoledì, visitiamo un po’ a sexy city, che in fin dei conti è molto particolare, ma nulla di speciale, anche se certamente è molto caratteristica. Ci immergiamo in un quartiere costruito al ridosso di uno dei fiumi, per raggiungerlo devi letteralmente scendere, il fiume scorre diversi metri più in basso della città e il quartiere è costruito lì. Fossimo in un altro posto nel mondo non sarebbe stato possibile. E’ un quartiere identificabile come una favela Brasiliana, anche se non così fatiscente, o come un Barrio di Caracas. Nemmeno in Italia un quartiere del genere sarebbe accessibile ad un turista con tanto di macchina fotografica senza alcun pericolo. All’inizio ci domandiamo se sia il caso di scendere, perché davvero sembra uno di quei posti elencati. Ragioniamo, siamo in Indonesia, la popolazione più amichevole mai incontrata, mi ricorda cuba. Si scende, nemmeno nascondo la macchina. La gente come al solito ci saluta con bei sorrisi e “Hi mister!”, si fanno fotografare. Passiamo anche all’interno di una scuola elementare fotografando i ragazzini in festa per il passaggio di due “bola”, noi turisti bianchi. I bagni sono tutti in comune, la povertà è tanta, ma tanta è la decenza a dire il vero. Camminiamo poi a ridosso del fiume dove sono stati alzati al volo gli argini incontrando diverse persone, moltissimi galli ruspanti colorati e stupendi. Un gruppo di anziani ci saluta con un "Salamelecum" a cui rispondo prontamente e sorridente "Melecum salam", sperando di non aver errato.  La gita è piacevole e istruttiva, il tempo sembra davvero fermo per questa gente.
Proseguiamo la giornata uscendo dalla città per raggiungere l’antico tempio indù di Prembanan al tramonto, come ci avevano consigliato. Un qualcosa di spettacolare. Avevo visto solo un tempio indù prima, e coloratissimo, su a KL. Questo ha perso i colori nei secoli, ma possiede una magnificenza unica che mi ricorda per costruzione le foto (perché ancora devo arrivare lì) delle antiche città maya.
Domani si parte. Destinazione Bali a caccia di spiagge e sole.

(travel.02)

lunedì 5 settembre 2011

Aku Cinta Indonesia

Ecco un fantastico paese. Indonesia, l'ho amata dopo pochi minuti, una cosa a pelle. Il sorriso delle persone, la simpatia del loro sguardo, la loro genuina curiosità verso i "bola", gli occidentali caucasici, per i quali hanno un debole. A Jakarta ti senti a casa, non sei solo mai. A jakarta sei pieno di amici dopo poco. Gente che farebbe a gara per farti assaggiare un po' della loro magnifica ospitalità. Noi abbiamo avuto la fortuna di essere ospitati da Yudi, un simpatico ragazzo che vive nel quartiere Kalibata. Yudi è un membro attivo di couchsurfing, la nuova frontiera del viaggio. L'indonesia tutta è una strepitosa comunità couchsurfing, perchè il progetto va a nozze con il loro senso di odpitalità e con la loro innata voglia di nuove amicizie. In indonesia un couchsurfer non rimarrà mai solo.
Come si può non amare un paese dove gli autisti fermano i loro bus se vedono che stai facendo una foto a questi colorati mezzi di trasporto. In una stazoone c'è un gruppo di ragazzi che canta volare in peefetto italiano. La nazione dove il badmington è lo sport principale anche se il calcio ora sta crescendo molto.
Loro sono musulmani moderni, ci tengono a sottolinearlo. Mi sono reso conto che uno come me, che attacca "la chiacchiera" con chiunque, qui diventa un'attrazione. Sono stato ore a parlare dei viaggi, del mondo, della fotografia, dei progetti, con loro che chiedevano sempre di più, questo a Bogor, il paese natale di Yudi, dove ci ha portato il secondo giorno ospitati dai genitori in una bella, grande casa piena di amici. Dove abbiamo assaggiato la cucina sundanese, una delle cucine appartenenti ad una delle trecento antiche etnie o tribù indonesiane.
A Jakarta, dicevo, puoi girare per ore per la città, della quale consiglio di visitare Batavia, la zona vecchia, e ricevere sorrisi, attenzioni e richieste di foto con loro, così da poter mostrare agli amici il loro incontro con un bola.
Jakarta non è bellissima, ma ci è piaciuta molto sia per la gente, sia perchè mantiene quella forte identità che è segno di grande personalità. Jakarta non vuole essere occidente, vuole essere se stessa, indonesia, batavia, passato, presente e futuro. Città orgogliosa che mostra le ferite, sporca senza esser lurida. Qui sono gli abitanti a donare quella particolare magia al posto.
Dopo poco l'indonesia si fa amare.
I bagni? Sapecate che esiste il bagno indonesiano? consiste in un normale bagno, dove c'è doccia, wc con tubo per l'acqua che sostiuisce il bidet e basta. Intendo niente lavandino, mai visti bagni privati senza lavandino. Fanno tutto con la doccia, una scomodità mai vista, ma niente di problematico.
Un'altra cosa particolarissima è che in indonesia non hanno i cognomi. Sarà strano in tempi moderni? Spesso avendo loro due o tre nomi, utilizzano l'ultimo come cognome da scrivere sui documenti internazionali, perché per noi è inconcepibile! Mi spiegavano che non hanno mai problemi ha rintracciare la parentela perchè le famiglie sono sempre molto unite.
I ristoranti, difficile trovare alcool, e normalmente anche la metà delle cose scritte sul menù non ci sono. In compenso il cibo è buono, anche se il più esotico che abbia mai assaggiato, si usa moltissimo cucinare con il cocco e con una sorta di burro di arachidi ed è estremamente economico.
jakarta sembra essere la città con il traffico più problematico di tutto il globo, noi siamo però stati fortunati, arrivando in un periodo di vacanze nazionali dove i cittadini erano per la maggioranza fuori a trovare le famiglie lasciandoci in dono un città non deserta, ma piacevolmente accogliente.
Come hi scritto sopra abbiamo passato un giorno e mezzo a Bogor, 45 minuti di treno, affollato stile metropolitana, da jakarta. Paese molto tipico dove però non c'è molto oltrr un giardino botanico eredità di quel che fu la colonizzazione Olandese che lasciò anche il nome Batavia a quella che ora è Jakarta.
La piccola gita a Bogor è finita tra amici, intorno ad una tavola, con me che strimpellavo "imagine" dell'immortale John Lennon con una vecchia chitarra classica e loro, non tutti, cantavano.
Scrivo dall'aereo, dove stiamo volando per Yojgiakarta, il centro culturale del paese, lasciando i nuovi amici e aspettandone altri. Un'altra esperienza di couchsurfing ci attende e nuovi posti da vedere accompagnati da uno dei più bei popoli che si possa incontrare: Il popolo indonesiano.
Aku cinta indonesia (io amo l'indonesia)
Inviato da iPhone

venerdì 2 settembre 2011

L'ostello, il visto e Raymond

In fin dei conti la maggior parte del tempo l'ho speso nell'ostello, visto che la città non m'è piaciuta molto ho preferito risparmiare i giù pochi denari per altre cose. Fatto amicizia con Tui, un bravo ragazzetto di anni 20 Neozelandese, appassionato di esplosioni. Tui ha fatto per due volte la dinamite e a 15 anni ha creato un esplosione così grande dare far chiudere la strada e intervenire l'antiterrorismo. Mi ha raccontato che successe un casino e che se avesse avuto 16 anni gli avrebbero dato venti anni di galera!!! Ora si sta domandando se tornando a casa deve o no intraprendere il corso per lavorare nel campo delle demolizioni, è un corso di 7 anni... Tui l'abbiam perso subito, perché solo la prima sera ci siamo dilungati in chiacchiere fino alle 4 di notte, il giorno dopo è dovuto partire. Altra amicizia è Raymond, un folel olandese che vive a Phuket con cui ho condiviso la piccola avvenuta per l'acquisizione del visto thai: Lui lavorativo io turistico.
Non  stato semplice perché con la festa nazionale di questi giorni l'ambasciata era chiusa e poi c'era anche la fine del ramadan... Non si sapeva se fossero aperti o no, poi stamani Ray ci è venuto a svegliare perché riuscito a contattare l'ambasciata scoprendo che avevano riaperto contro ogni previsione. Arrivati lì avremmo dovuto consegnare diversi documenti per la richiesta del visto, ma in mano non avevamo nulla, volevano vedere almeno il biglietto per la Thailandia e io a spiegare che in Tahilandia non so quando ci sarei tornato, credo a fine Novembre, non ho il biglietto, domani mattina parto per l'Indonesia, perché per l'Indonesia, perché sto facendo il giro del mondo ma poi a te che ti frega?, e se il visto me lo fate me lo dovete fare entro oggi perché per l'Indonesia parto domani, e perché non lo fai a Jakarta il visto?, perché sono qui e quindi lo faccio qui, e perché?, perché mi conviene?, e allora fammi vedere il biglietto per Jakarta, ma che  c'entra?, c'entra perché io devo vedere che tu parti, io ho solo il biglietto elettronico ti faccio vedere l'iphone, ok sono 110 ringhi a testa, quasi trenta euro, ma io non ho una lira perché raymond mi ha detto che il turistico era gratis e allora aspetta un attimo, ray prestami i soldi poi io ti prenoto il biglietto per phuket e facciamo i conti dopo. Tutto ok.
Torniamo e faccio il biglietto a Ray che era incastrato qui da 5 giorni perché non riusciva a fare 'sto visto... Ora tutto apposto per tutti con ennesima piccola avventura coi tassisti, perché proprio non vogliono usare il tassametro e ti vogliono far pagare sempre più del doppio. Finché dopo tanto cercare uno serio l'ho trovato, non esiste che si paghi il doppio... Poi al ritorno ho rpeso l'autobus...
Ora vi saluto, domani sveglia alle 6 e volo per Jakarta. Facciamo Couchsurfing finalmente, vediamo un po'...

Intanto ecco qui un reportage di Kuala Lumpur:http://www.flickr.com/photos/gianlucacasaccia/sets/72157627570129212/

giovedì 1 settembre 2011

Gianluca Da Vinci


Volgiamo ridere? Ecco il mio primo lavoro a Hong Kong, non so nemmeno se posso pubblicarlo, ma tanto è qui, niente facebook e niente interazioni con gli hongkongers. E' in onda ora sulle tv di Hong Kong. Una pubblicità su un un'università. Io do la voce ad un giovane Leonardo Da Vinci. Giusto una frase, ma il fatto che sia in onda ad Hong Kong mi fa morire dal ridere...