venerdì 21 ottobre 2011

Last Days e .... oggi dovevo essere in Vietnam!





Scrivo in questa piccola casa, dove sono già stato, Jakarta. Casa di Yudi.
Raccontare, scrivere è sempre bello, perché rispolveri e rivivi quei momenti bellissimi che hai passato da poco, rivedi i saluti e i sorrisi degli amici e sorridi anche tu. Rivedo questo video della danza tipica balinese, precisamente una lezione di danza e ricordi di pochi giorni fa comunque lucidi, brillano.
Riprendo velocemente: Ubud. E’ bali, quindi di per sé è un posto abbastanza conosciuto, ci son stati in molti. Bellissima, è la vera Bali, quello che l’isola era prima che venisse l’ondata di surfisti soprattutto australiani e che inevitabilmente ha cambiato l’isola e come ho detto in passato corrotto molte anime per il denaro.
Bali è anche se turistica, ancora semi intatta in questo. Le donne balinesi sono le lavoratrici, grandi e forti lavoratrici, quelle che costruiscono palazzi, quelle che mandano avanti gli alberghi, i ristoranti, che fanno le strade e tutto. Gli uomini sono quelli che spendono, quelli che i vestono da “donna” (questo non è vero, è un mio modo di dire, qui i balinesi vestono ancora tradizionalmente ovvero con sarong – pareo – molto colorato e una sorta di fascia in testa molto colorata), non fanno nulla spesso giocano d’azzardo soprattutto con le lotte tra galli, cosa in decente che non ho visto, ma me ne son pentito perché potevo tirar fuori un bel reportage. Forse rimedierò in Thailandia.
Quindi a Bali è più facile ritrovare il vero spirito del luogo, ritrovi gente con un sorriso vero, ritrovi cordialità no sempre per secondo fine, cortesia, simpatia e voglia di chiacchierare con un bulè, straniero bianco. Abbiamo avuto la fortuna di avere un nuovo amico appena arrivato, un ragazzo molto simpatico, medico radiologo olandese dal sangue (e i genitori) indonesiani, lui vuole nome e cognome qui sopra: David Zitter. Bella persona, a volte da stargli appresso come un bambino quando si gira, ce lo perdevamo sempre, ma simpatico, utile (uno di quelli che chiede tutto a tutti, e poi sapendo un po’ d’indonesiano…). Ci siamo fatti belle risate, che dire, un’altra persona da andare a trovare in un futuro non troppo prossimo.
Con David abbiamo visto Mas, niente di speciale, ma è interessante andare a visitare le fabbriche di 
“wood carving”, gli artisti che scolpiscono e incidono il legno, davvero notevoli, non l’avrei detto. Abbiamo fatto il bagno nell’Ayung river, un piccolo fiume che scorre in una vallata tra terrazzamenti, vallata acquistata ora in parte da un albergo piuttosto famoso, che è stato mi sembra luogo di un film con Julia Roberts abbastanza recentemente.
 Jatiluwih, - video sotto - le terrazze di riso più grandi di Bali e forse dell’Indonesia, vista davvero forte,
 d’impatto, dove capisci ancora di più sul riso e sulla storia di questo cereale che ha cambiato il mondo qualche migliaio di anni fa. Al ritorno ci siamo imbattuti in un corteo  motorini e altro per dei festeggiamenti relativi a qualche vittoria di una squadra di calcio locale, molto divertente devo dire.




 La cosa più bella che per ora si pone nella “top list” è Gunung Kawi, visitato il giorno prima, è un tempio, stile indiana Jones, induista, in una piccolissima vallata dove scorre un fiume tra palme, pseudo liane e terrazzamenti di riso, tutto insieme sono qualcosa di magico e unico. Uno spettacolo vero e credo irripetibile che mi ha fatto venire voglia di andare in Cambogia a trovare il tempio dove è stato ambientato il personaggio di Lara Croft, vicino Anchor.






La mia top list? Evitando città e menzionando solo luoghi per ora è senza ordine di importanza:
 - il deserto del Sahara
 - la spiaggia di El Gizra in Marocco
 - l’isola di Marettimo in Italia
 - Gunung Kawi in Indonesia
 - Soro, Pinar del Rio a Cuba 
Credo  dovrò aggiornarla quest’anno avendo già programmato (per quanto la parola programma possa contare con me) due mesi di Thailandia, uno di Vietnam e uno tra Laos e Cambogia, tutto a partire da… ieri che sarà domani. In che senso? Nel senso che oggi volevo svegliarmi e urlare il titolo di quel film famosissimo di Robin Willam in Vietnam, perché dovevamo atterrare ieri sera e invece… E invece non c’ho capito nulla per il ho letto e mi è stato detto che si poteva fare in aeroporto, come vale per l’Indonesia, invece no: In aeroporto te lo danno, ma devi fare la richiesta online, quindi nulla, dovrebbe arrivare oggi e abbiamo spostato il volo di due giorni. Nell’inconveniente siamo anche stati fortunati, perché è successo a Jakarta, dove ancora abbiamo dei giorni per restare, dove abbiamo degli amici conosciuti appena arrivati e dove uno di questi, Yudi, ci può ospitare, alleviando subito il dolore per il “contrattempo”. Tutto bene quindi, sono cose che fanno parte del tutto.
Venivamo da Kuta, dove non saremmo voluti tornare, ma visto che da Ubud avevano fatto un passo a Sanur e quest’ultima per via dell’anzianità media del turismo, delle spiagge non belle della presenza principalmente di resort e strade a scorrimento più alto, davvero non ci è piaciuta. Mancavano un paio di giorni alla partenza decisa e prenotata ad Ubud, quindi ormai abbiam detto Kuta, anche se non ci piace è meglio di qui e almeno andiamo a trovare Létto, il dolce cagnolino che ci aveva rubato il cuore l’ultima sera balinese prima di Lombok più di un mese fa. Létto ci deve proprio ringraziare, l’abbiam tolto dalla strada e ora sembra davvero felicissimo, cresciuto poco poco, saltellante e in compagnia di un altro cane di casa se la scodinzola senza tregua tra i mille abbracci e le mille attenzioni di una casa affollata, ma grande e con spazi aperti. Ci siam permessi di disturbare la famiglia per andare a trovarlo, diavolo, gli abbiamo regalato un cagnolino fantastico! Senza alcun problema ci hanno accolto e fatto entrare, in quella casa sembrava di essere nuovamente a Ubud, senza tutti i tizi di Kuta che continuamente ti pressano (Yes boss? Yes? Brother? Shopping? Mushroom? Transport transoport? Yes? New Tatto?).
L’ultimo giorno è stato semplicemente un respirare lentamente i ricordi, facendoli decantare in caraffa come il miglior Porto Vintage.
Non fosse per la “svista” saremmo nella vecchia Saigon, Ho Chi Min City, invece son ancora qui a Jakarta, con Polly che come ti sbagli dorme, sono le dieci di mattina, è anche normale, tanto oggi ci sarà poco da fare e con i miei ricordi dai quali imi faccio assalire con piacere.

LE BIRRE:
devo fare un lista delle birre che metterò a fianco, a partire da  Hong Kong, ovvero da dove il grande viaggio è partito o meglio ripreso. Non amo bere birre comuni, soprattutto in questi paesi. Ora la posto qui:

Hong Kong---> Breuk (in casa) Hoegaarden (fuori)
Thailandia-----> Singha (la competizione con la Chang è durata davvero poco)
Malesia --------> Tiger
Indonesia------> Bintang (della quale mi son preso una maglietta in onore ai litri tracannati in questi due mesi)



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