domenica 31 agosto 2014

Parvati in definitiva. Trips and Lovers.

Una delle cose più belle della Parvati Valley è Kirighanga. A 2960 metri c’è questo piccolo Ashram con un piccolo tempio. Accanto al tempio ci sono le famose terme, le hotsprings, meta di tutta la valle. Un posto incantevole, un posto magico, un posto spirituale, un posto dove ti possono capitare 40 o 50 chillum tra le mani, roba che manco Shiva in veste di Shankar… Ho passato 5 giorni a Kirighanga, c’era anche un abbozzo di Rainbow catering, una cosa mal riuscita, ma bello il tentativo. A Kirighanga hai l’Himalaya sbattuto in faccia. Per carità, già siamo sull’Himalaya, ma qui hai una montagna proprio in faccia, una potenza incredibile. A Kirighanga son salito con la bella rinnegata di Atlantide, ma poi son risceso con un erborista inglese…. Comunque, dicevo, prima di arrivare quassù sono stato due giorni a Pulga, un altro carinissimo villaggio a 2200 metri, ai piedi della magnifica Ferry Forest. Una massiccia foresta, con alberi antichi ed davvero notevoli, larghi. Alti. Tutto ricoperto da un fiabesco muschio che da il nome, non originale, ma tutti la chiamano così, alla suddetta foresta. E' luogo di trance party, purtroppo, talvolta. Fortunatamente è maggiormente luogo di magnifici viaggi psichedelici, spirituali o meno. Chiaramente non ho potuto perdere l’opportunità di assaporarne uno, fatto in gocce di quel lisergico amico che ti culla e ti porta oltre i famosi cancelli della nostra più comune percezione. Il primo in solitaria, il primo completamente nudo in una foresta incantata. Questo sull’Himalaya. Piuttosto epico. Ho dato luogo ad un intrigante rituale elementale, che a dir il vero non ho ben capito se ha funzionato del tutto…
Mi rendo conto che con il tempo il mio blog di viaggio è diventato blog di vita, magari un giorno mi pentirò di raccontare tutto. Magari no.
La connessione con la foresta è stata bellissima ed elegante, come spesso la trascendenza si mostra. Quale posto più adatto per una passeggiata dall’altra parte. Da una delle altre parti.
Torniamo a Kirighanga, dove incontro tre persone chiave per la vita in Parvati, per il mio viaggio spirituale e in ultimo per i lmio viaggio in sé.
Mattia, italiano, Jai Bolenath come peso da portare sulla pelle. Mattia è uno di Parvati, uno che ha Mother Parvati nel sangue dapprima di venir quassù. Devo dire che non siamo in pochi, Mother Parvati è una meravigliosa dama che ha molti discepoli, spesso incoscienti di questa speciale adozione. Mattia è un artista della terracotta, per la precisione crea magnifici Chillum naturali, senza puttanate. Qualcosa con cui Shankar, fosse mai stato reale, sarebbe stato fierissimo di utilizzare per le sue sieste. Mattia pian piano diventerà un amico, e sai già che son quelle amicizie che camminano piano, ma in un modo o nell’altro, ti ritroverai a raccontarti, magari proprio qui in valle, tra vent’anni o più.
Sara, poi. Una persona che so di aver incontrato molte volte in passato. So che questo concetto per molti è inaccettabile, ma parlo di vite passate.  Lei è uno dei miei spiriti guida, più o meno da sempre. Vedo questo meraviglioso unicorno sul polpaccio di una bella ragazza, che poi scopro esser italiana, che cavalca tra i colori dello spettro e non posso far meno che esclamare: “Il tuo unicorno mi fa venir voglia di un viaggio”. Sara si gira, e immediatamente, mi fa: “Cosa ne sai della Changa?”. La Changa è DMT. Più o meno. Più più che meno. Alcuni scienziati americani la definirono, in un esperimento guidato pochi anni fa, la molecola spirituale. Chiaramente qualcosa che conosco, studio, apprezzo, e chiaramente, desidero come ogni buon sciamano o psyconauta. Con lei il resto è conseguenza, un piacevole e intensa esperienza, in cinque. Un giorno che mi ha insegnato molto. Lei è sempre apparsa al momento giusto, sempre portando doni chiave, come io ho fatto, d’altronde, con lei in passato, ma qui si parla d’altro. Dirvi che sentire la potenza maschile dell’Himalaya come fosse un gorilla gigante che ti guarda furioso, è provare solo a farvi capire la superficie di quello che è stato quel giorno. Storie di viaggio. Storie indiane. Tra l’altro Sara ha un amica di quelle che quando le vedi la prima volta ti tolgono il fiato. Non sono io, ha fatto lo stesso effetto al mio amico che era rimasto pochi metri indietro, poi, quando l’ha vista. Sai quando vedi quel tipo di donne che ti fanno comportare dopo pochi secondi in maniera diversa… Parli con calma, sei più spiritoso del solito, schiena dritta, tutto inconscio, ma poi te ne rendi conto, e sorridi tra te e te… Quanto sei coglione! Certo, lei è davvero una bella donna, per inciso, innamoratissima del suo ragazzo, tutto in casa Italia, quindi faccio amicizia, sempre bello conoscere un’altra donna bella e simpatica, anche se probabilmente non la rivedrai più.
Rachel, l’erborista. Scendiamo giù, a Karol, io e Lei. La sexy erborista con cui letteralmente pomicio dove è più vietato, nella sacra hosting, mentre solo la luna spiava e la montagna dormiva… D’altronde bisogna prendersi non troppo sul serio. Con Rachela passerò un bellissimo compleanno a Lapass, altro villaggio a 2400m. Rachel ha avuto la bellissima idea di presentarmi Sophia, la sua giovanissima, incredibilmente bella,  amica. Fredda, distaccata, quasi bloccata. Nonostante la bellezza si nota appena eppure senti che ha un energia atipica per una ragazza così giovane. Sophia ha 19 anni e talvolta senti che ne 3000. Ho scritto 3000, non è un refuso. Per capire meglio informarsi su cosa sono i bambini indigo. Ecco Sophia è un chiaro esempio di ragazza indigo, piuttosto evidente.
Il giorno del mio compleanno, la sera a dire il vero, inizia il mio calvario. Inizio a stare male, ho contratto la Ameba Giardia e ci vorranno tre settimane per scoprirlo. Due mesi per sconfiggerlo, quasi dieci chili regalati al cielo, o meglio a l cesso, da un corpo che già di natura è magro e che in viaggio è sempre quel filo sottopeso. Sono diventato la lastra di me stesso. Mi ha impressionato fare la doccia, passare le mani sul mio corpo e sentire le ossa, li dove non le avevo mai sentite. Sono stato seriamente malato. Mortacci sua.
Per via del parassita, che all’inizio non identificato, mi ha sbattuto per terra, Rachel si è dimessa da amante di viaggio. Giustamente direi. Non avevo forza per nessun tipo di attività, nemmeno quelle da letto. E soprattutto la Giardia ti fa tuonare come un vecchio "faciolaro". Nel senso che tuoni dal tuo profondo fondoschiena, spesso e volentieri, senza troppe esotiche fragranze, almeno. Siamo in India, comunque io viaggio con l’incenso. Ne metto due alla volta così non sbagli.
Il parassita coincide con un momento in cui l’universo femminile volteggia variopinto in maniera meravigliosamente insistente. Rachel via, io inizio a sentirmi meglio (uno dei trucchi di molti parassiti è spezzarti la schiena, poi lasciare la corda per un po’, pochi giorni, per poi rimetterti all’angolo e gonfiarti come un vecchio Zodiac da gita domenicale sul po’ pieni anni ’60), quindi avendo conosciuto una deliziosa brasiliana che si stava dirigendo in quel di Vashist, nei pressi della evitata Manali (centro commerciale della scampagnata Indiana e del turismo non fai da te e anche di quello bislacco). Monto, quindi, in sella ad Aretha Ganesh, dopo un po’
 Di tempo che riposava e ci facciamo questi 80 Km in due ore attraverso la Parvati Valley e poi la Kullu Valley, per arrivare appunto a Manali e poi Vashist.
Vashist è carina, niente di che, ma visto l’inferno iperturistico e ipercommerciale di Manali, a pochi minuti, la vedi come un’oasi stile Parvati. Purtroppo il parassita colpisce la notte stessa, con una veemenza che sa di Godzilla. Credo di aver persona un paio di chili solo quella notte.
Cinque giorni, tra il malato terminale e l’hippy da Jam session, tra charras e risate, non si batte ovviamente chiodo, non ce l’avrei nemmeno fatta, ma comune un over trentenne secchissimo con l’abitudine di andare al bagno ogni venti minuti, non è un sexy alternativa per una sexy e glamour brasiliana da Copacabana. Mannaggia tutti i parassiti.
Si torna in Parvati e Sophia e Sam (il vecchio amico dello Sri Lanka, ribeccato ad Hampi, poi a Pushkar per l’Holi mi ha raggiunto anche qui) sono ottimi amici in un momento in cui davvero alterno  il mio stato tra il malatissimo inamovibile e il solito me, solo un po’ più calmo magro e stanco. Ottimi amici, davvero.
Sam parte e ci abbracciamo forte, come due fratelli che sanno che si rivedranno, ma non sanno quando e Sophia rimane li. IO pensavo che vista la situazione, vista l’età sparisse. Invece già dalla mattina dopo si presenta con un delizioso Mango Lassi e con parole dolci, una perfetta infermiera. IO la ringrazio, ma un paio di ore dopo inizio a domandarmi…. Ma?
Ecco, Sophia ed io siamo stati insieme. Due mesi, uno di questi mesi è stato Ladak. Abbiamo avuto un unione molto forte grazie ad un esperienza psichedelica leggendaria, di qui davvero non posso parlare. Sempre Changa.
Ci siamo visti, ci siamo riconosciuti, gli anni sono scomparsi e io mi sono ritrovato invaghito di una splendida diciannovenne inglese, alta bionda, un fisico da modella russa che ha fatto innamorare metà valle, della quale tutti mi chiedevano e io rispondevo… Nooooo, siamo amici, è troppo giovane, non la vedo in quell’ottica.... Niente, mia madre diceva sempre, non sputà per aria che te ricasca in testa. Non troppo fine , ma concetto chiaro. Sophia e Gianluca. O meglio Khia e Jimi. Abbiamo attraversato il cambio dell’era insieme e abbiamo vissuto esperienze brevi e davvero intense di cui quando e se parleremo apertamente, molti ci prendereanno per matti. Ma tanto ormai…
Quindi si parte, trovo un medico che mi da una meravigliosa cura che sembra funzionare, finalmente dopo tutta la merda inutile che ho preso e si parte!
Sosta a Vashist per incontrare i cari amici Israeliani, un paio di giorni e via sulla Transhimalayan Manali-Leh. Strada leggendaria, sogno di molti motociclisti, la strada più alta del mondo. A dire il vero poco più in la di Leh (città che si trova a 3500m)  c’è il Kardoungh La, il passo più alto del monto accessibile con macchine e moto. 5360 metri indicati dall’altimetro, qualsiasi cosa dicano i cartelli indiani, ma è comunque solo un tratto, il più alto del mondo. Se volgiamo considerare l’intera strada, la Manali Leh è il top. D’altronde siamo sull’Himalaya. Credetemi, passare con la moto o con la macchina su una strada che è più in alto di mezzo chilometro della vetta più alta d’Europa, fa un po’ impressione. E' qualcosa che senti. Senti anche letteralmente sul tuo fisico perché a 5300 metri l'ossigeno credo tocchi il 60% in meno, quindi respirare non è cosa semplicissima…

Il viaggio in moto è indimenticabile. Rimandato di un giorno perché ho fatto il botto come un cretino e nessuno si è fatto male, ma resta un qualcosa di indimenticabile.

sabato 16 agosto 2014

Boom Parvati. Malana e il Charras.

Mother Parvati è stata tutta d’un fiato. Avrei potuto scrivere spesso. La vita è fatta così e o seguito il drift della valle.
La famosa Parvati Valley è una valle tagliata dal fiume che gli da il nome, o che prende il nome dalla valle, va a sapere. Qui comunque Parvati sia Accoppiava con Shiva, o meglio dire Shankar. Qua sopra, a oltre 4000 metri, dove c’è il Mantala Lake, se dice Shiva venga a fumare il suo Chillum.
Parvati ha due, o meglio 3, villaggi, più evoluti, giù a valle sul fiume. Jari, Kasol e Manikaran. Principalmente il turismo giovane si ferma a Kasol. Così o fatto anch’io visto che il 198 Aprile, quando sono arrivato avevo voglia di gente.
Poi ci sono i villaggi. Sparsi per la valle, e a dovere altitudini (siamo a 1600msl a Kasol), Pulga, Khalga, Nakthan, Malana e Magic (che per gli abitanti di qui questa parte è Malana Valley o Magic Valley), Ghrahm, Chalal, Lapas, Kiriganga, Katagla, Tosh, ed altri.
La valle oltre ad essere bellissima e ad offrire magnifici sentieri per il trekking qui sull’Himalaya, perché va ricordato che siamo sull’Himalaya (qui Shiva è davvero di casa!), il posto è famoso in India e nel mondo per la sua produzione di Charras. Qualcosa di molto simile all’Hashish.
Per capire davvero la valle e non essere chiusi con la mente di fronte ad una forma di THC (tra l’altro qui è legata a cultura e religione), bisogna usare l’immaginazione e vedersi in posti come il Bordeaux o la Coté D’Or. Il Charras è molto simile al vino e la Parvati Valley diventa quindi simile al Bordeaux, con tanto di fiume. Nel Charras come nel vino conta tutto:
conta la pianta, conta il terreno, conta la posizione, l’altitudine, il versante della montagna. Conta quindi in che villaggio è stata prodotta, e come il vino anche qui il charras prende il nome del villaggio di produzione e ovviamente l’annata, anche se in questo caso, a parte le leggende di Malana che spiegherò in seguito e a parte poche personali conserve, il charras finisce lo stesso anno di produzione, la richiesta è troppo elevata (infatti da diversi anni orami si trovano porcherie con tagli di ogni tipo) e comunque solo i charras di primissima qualità, chiamati ormai da diversi anni CREME, possono rimanere buoni, o migliorare con qualche anno di stagionatura. Detto questo conta l’etichetta, ovvero chi ha fatto il charras, quale famiglia. Si può facilmente immaginare la grande varietà che si incontra. Come nel vino bisogna imparare come assaggiare, o almeno bisognerebbe. Si può capire la pulizia, il gusto, si colgono sentori di ogni tipo. E' un mondo che spesso rapisce anche chi non era interessato al charras a priori. La verità è che è incredibilmente buono a prezzi bassi o relativamente bassi (sempre se si è in grado di affrontare ed evitare le solite fregature), e come il vino ti lascia una meravigliosa sensazione per un po’.
Il charras si “dovrebbe” consumare solo con i Chillum. Così vuole la tradizione. Shiva non si fa le canne. Poi, chiaro, ognuno fa come vuole, anche perché fumare un chillum da soli è cosa per pochi, è abbastanza duro.
Un chillum, per chi non lo sapesse, è una sorta di pipa dritta, un cilindro leggermente conico fatto in terracotta. La mistura di charras e tabacco viene messa all’interno dal foro superiore. All’interno del chillum c’è la “pietra”, generalmente esagonale, ma possiamo trovarla anche tonda con solchi a canale semisferico, lungo tutta la sua forma (vanno di moda così ora). La pietra dovrebbe essere lunga, una cosa come 3-4 il chillum, più o meno.  I chillum vanno da corti, i ciota, quelli dei baba, a lunghi, i Bhara, circa 23 cm, per fumare meglio.
Teoricamente il chillum dovrebbe essere di pura argilla cotta almeno a 900°.  I migliori sono tra i 23 e i 26 cm e belli tosti, non esili e magri come li fanno ora, che sono più fancy, ma chiaramente l’argilla terrà meno il calore. L’ideale è un chillum in argilla senza nulla in aggiunta, no lucidi, no coloranti né altro. E’ ovvio che vista la clientela di ogni tipo, oggi si trovano pezzi d’arte, bellissimi coloratissimi chillum, che spesso si fumano male, o semplicemente puzzano.
I chillum sono stati inventati dagli indiani, qui sull’Himalaya. Però come sempre se vuoi una cosa fatta bene la fai fare agli italiani (se ci pensate noi non abbiamo inventato NULLA, noi vediamo e reinventiamo facendo un lavoro nettamente migliore – basti pensare a caffè, pizza, spaghetti, ravioli, abbigliamento di lusso, radio, macchine, parlo della Ferrari e della Lamborghini, non della fiat… e Chillum - ). Vedete qui in Parvati quando il turismo praticamente non esisteva. Nemmeno per gli indiani, sono arrivati pochi italiani. I primi, a Malana ancora raccontano le storie. Non dico che un italiano sia il primo straniero che abbia messo piede a Malana, dico che gli italiani sono i primi ad esser venuti in serie,  primissimi anni ’70. Io la prima volta che ho sentito parlare di charras, senza saper bene che fosse (a parte il fatto di essere un prodotto della canapa), eravamo nella seconda parte dei ’90. Qualcuno mi diceva fosse una particolare mistura di hashish e marjuana. Poi l'ho assaggiato, quello vero almeno, nel 2004 ad Amsterdam, in Italia echeggiava questa leggenda del Malana Cream, che vinse il titolo di miglior prodotto dell’anno nel 2003. Leggende.
Il posto chiave, dove tutto è iniziato è Malana.
Un posto incredibile, dove i bambini non battono le ciglia e ti parlano nella lingua dei demoni. Un posto dove la gente ha sempre questo sguardo consapevole, aperto, spiritato. Qui sei un’intoccabile e sarai per molto trattato da tale. Qui sei considerato non solo inferiore, ma sporco. Non conta che i tuoi occhi e la tua realtà ti raccontano l’esatto opposto. Non puoi toccare niente e nessuno o non solo sarai multato, ma perderai fiducia e credibilità futura. E' un posto poi non così bello,  considerando gli altri villaggi, ma la vista resta sempre incredibile. Siamo a 2700 metri sull’Himalaya. Shiva è sempre Shiva, ma il protettore locale è Jamdagmi, un altro Lord. Malana produce, il miglior Charras del mondo (una volta il charras era prodotto solo sull’Himalaya). Per il fatto che è diventato così famoso, ormai la vera crema di Malana è quasi introvabile, ha prezzi più elevati e di conseguenza valle e villaggio sono pieni di prodotti di seconda, terza, quarta scelta più le varie misture con qualche olio porcheria o foglie varie. La fregatura è ovunque. Per esser sicuri bisogna non solo conoscere, ma provare. Vista, olfatto e gusto. Come il vino. L’India è inondata di “Malana Cream”, tanta gente, tantissima ne ha le tasche piene. Eppure la verità è che di questa ondata, solo l’1 percento è reale e quasi tutto questo un percento si trova ancora qui a Malana o nella Parvati Valley. Uno dei segreti di Malana è che la crema del tempio, quella che solo gli abitanti di Malana possono fumare e solo nel tempio, sia fuori da ogni grazia di Shiva, un gusto trascendentale. Leggende, vai a sapere. Si dice che a Malana ci siamo conserve di charras anche di un secolo. Leggende.
Malana è amata da pochissimi. E’ un dato di fatto, come dato di fatto è che se sei italiano e ti comporti a modo, qui a Malana dopo un poa sei di casa. Grazie a chi è venuto prima e grazie al fatto che il turismo italiano classico qui non viene. Non c’è figa. Non ci sono locali. Non c’è il mare. Generalmente non c’è nemmeno il cesso.