lunedì 7 aprile 2014

Holi - Il festival dei colori


L’Holi è una follia pazzesca e meravigliosa che ha luogo in moltissime parti
dell’India, una notte di Luna piena a Marzo. Quindi cambia ogni volta. Non so
bene la storia spirituale e culturale dell’Holi. Non l’ho studiata. Ho solo deciso di
immergermi, di tuffarmi in questo universo di polvere e acqua colorata.
Scelsi Pushaker perché è piuttosto noto che in Rajasthan la guerra dei colori e'
Guerra. Tutti dicono che Pushkar è il clou. La festa viene concentrata in una
piazza, la piazza si affolla, ma la guerra inizia già da prima. Arriverai alla Piazza
già alquanto colorato e probabikmente anche bagnato.
 Abbiamo da caminare un quattrocento metri per arrivare alla piazza e tutto
brulica. Ragazzini frizzanti carichi di colori ti guardano bramosi, ma siamo
lontani e loro son pupi, quindi ancora chiedono. Un paio di centinaia di metri più
in la nessuo chiederà più nulla. E’ quello che mia apsetto. Dopo pochi minuti
vengo inzafferato, innaffiato, colpito ripetutamente da follie di colori e acque di
sicura provenienza (la prendono direttamente dal pozzo o dai rigagnoli bordo
strada). La musica, qui dal taglio trance, quasi non si sente, non perché il volume
sia fiacco, ma perché la situazione, nel tutto è davvero troppo. Troppo bella,
troppa adrenalina, confsuione, salrti fiumi e nuvole di colore, palle di colore,
sacchi lanciati, bottiglie per aria che innafiano la folla con fibonacciani vortici. Un
allegrai ipercontagiosa pervade anche i muri, i sassi, i topi, vagamente, molto
vagmaente, scalfisce anche i poiziotti super bulli indiani. Che se ridono troppo
hanno paura di non incutere quel temibile terrore che sono convinti diffondano
ovunque. Parentesi sarcastica, perdonatemi. Tutti partecipano, la festa-guerra
raggiunge l’apice dopo pranzo, i colori sono mescolati all’inverosimile, la gente e’
ovunque: su muri, sui tetti, sulle macchine, in bilco sui cornicioni. Chili e chili di
sudici, sudati e super colorati indumenti vengono lanciati e fatt iappendere ad un
filo che attraversa la piazza. Un filo elettrico ovviamente. Che non si sa come
riesca a reggere quella mezza tonnelalta di vestiti ora tutti dal taglio rosa. Rosa, violetto, violaceo, a volte vagamente bluastro è il risultato principe della
mescolanza dovuta alla guerra. Alla fine è così un moltudine di persone
principalmente colorate in quelle varianti. Colori compatti su tutto il corpo,
pochissimi sono riusciti a tenere intatto qualche centimetro di pelle. Altri,
completamente colorati, come noi, riescono ad uscire, finita la guerra a lle 4 di
pomeriggio, con colori sgargianti stile Benetton. Ci vedesse Oliviero Toscani ci
recluterebbe. E’ che noi siamo passati anche attraverso la vernice, che no nsi
scolla, e abbiamo evitato làultimo lavaggio di acque colorate, per miracolo.
Tenendo intatti questi capolavori di astrattismo che sono dipinti sulle notra tele
da migliaia di pittori.
I soggetti per le foto si predano, ne potrei fare migliaia di migliaia. NE faccio solo
un migliaio, di scatti. Da cui tirerò è fuori, se son forunato una centinaio di foto
decenti. Fare foto qui è facile. Le cose difficili, a tratti difficilissime sono:
- Non far si che la tua macchina vaenga distrutta da polveri sottili, acqua,
secchite di colore e bustate di vernice. Tu pensi che visto che hai la
macchina tropicalizzata, usi obiettivi tropicalizzati, non li cambi, imbusti i
ltutto, quello basta. C’erano tre o quuattro fotogrfi li dentro. Una russa che
non ha fatto un sorriso manco a pagarla oro, tutta imbustata e coperta
comunque di colore. Avrà scattato duemila volte e non si è inchinata una
volta. Vedi l’aspirante fotografo che davanti all’occasione della vita, non si
rilassa. L’unico vero professionista che ha fatto foto (non e’ difficile notare
un professionista. Ha una macchina seria, la sa usare, cerca angoli
interessanti. Controlla la luce. Si sa muovere nella situazione.) E’ arrivato
verso la fine, con più quiete, senza rischiare tutta l’attrezzatura, ma
ovviamente rinunciando a momenti clou veramente epici.
- Non rimanere accecato mentre cerchi il tuo soggetto. I colori arriveranno
da ogni dove, anchje dal basso, probabilmente anche da dietro, ma
comunque ogni volta negli occhi.
- Riuscire in qualche maniera a trovare la luce giusta, considerando che la
location non regala la miglior luce e che l’orario della festa fa si che tu
debba gestire la peggior luce possibile. Tutto questo durante la terza
guerra mondiale dei colori, con tanto di armi intelligenti
- Riuscire a mettere qualche satto a fuoco e magari anche con una certa
definizione. Considerata la luce, considerate le scie chimice, le nubi
tossiche (non sono tossiche, certo non sono salubri, cmq sono viola, verdi
e blu e non vedi un cazzo). Considerata l’acqua sulla lente, il vapore
acuqeo ovunque e il continuo movimento caotico e imprevedibile di ogni
cosa, il prendere una foto a fuoco e nitida e impresa da quella rara fusion
di terzo livello che vede Rambo e Cartier Bresson unirsi in una leggiadra
artistia evoluzione dell’Homo Sapiens Photographicus.
- Trovare i soggetti interessanti, perché son tanti, ma la confusione è
estrema, da fotografare esattamente quando trovi l’angolo e il momento
in cui tutte le regole sopra coincidano.


Ecco, fatti una giornata di fotografia così, e divertiti anche, visto che sei a una
festa. E ne riparlaimo. Duirissima e bellissima. Vi giuro, sono riuscito a tirare
fuori qualcosa di più che decente per dar vita ad un bell’articolo. L’Holi è da fare una volta nella vita. Sarebbe come evitare di fare un carnevale a
Rio o a Salvador, come evitare Il Mardi Gras a New Orleans. Ci sono cosa che ad
ogni costo vale la pena vivere. Essere un vero dipinto vivente, reduce di una
guerra, un opera d’arte casuale, è qualcosa che va vissuto.

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