venerdì 28 marzo 2014

Delhi, poi Pushkar. Ready for the Holi!

16 Marzo.
Prima Delhi, poi Pushkar.
Sono quindi tornato a casa Koh Tao. E’ stato bello, non doloroso, pieno di memorie. Una decina di immersioni, un paio di visite al mio Wreck, Sattakut, e un’assistenza a Toby, vecchio amico ora istruttore, per un open water pieno di donzelle norvegesi.
Veloce, intenso, sempre bellissimo. Ora so che tornerò altre volte. Ora so che tornerò la prima volta presto, molto probabilmente, per fare il orso istruttori. E’ ora di diventare istruttori e iniziare a progettare il sogno di aprire un dive shop da alternare al viaggio e alla fotografia che vanno a braccetto.
Dicevo Delhi. Un amica dall’Italia è venuta per l’Holi. Ha scelto Pushkar, visto che io sarò li e se vai dall’altra parte del mondo per una festa è ottima idea raggiungere il posto dove hai un amico.
Manu da brava cittadina si presenta all’India con una camera d’albergo etra lusso. In India con 30 euro una notte prenoti camere pazzesche. Io abituato al bungalow del viaggiatore, al quadrato con materasso del backpaker, strizzo gli occhi. Il tempo giusto per una visita per colazione e per organizzarci, ma non mi pare vero di buttare e mie ossa per pochi minuti su quel letto dal materasso magnifico e bianco. Senza macchie. L’avevo dimenticato un tessuto bianco senza macchie e quel vago sentore di pulizia tutto attorno. 
Visto che abbiamo poco tempo ci buttiamo a vedere qualche viuzza qua e la e un mercato di strada, che non è nulla di speciale. Tornerò per vedere il mercato centrale di Delhi, che so essere pazzesco.
Intanto, per le strade si sente aria di Holi. Qualcuno inizia a preparare i colori, qualcuno ha già il colore sulla pelle.
Il viaggio in treno per Pushkar è tranquillo e piuttosto veloce, meno di sette ore.
Mezz’ora di Taxi ed ecco Pushkar.
Arriviamo di sera tardi e mi riabbraccio con Barbi, Sam e Adi. Sempre bello ritrovare gli amici.
Ci buttano su una guest house malconcia, sul tetto. La location non è male visto il terrazzone, la camera spartana al solito. Torno subito nei miei standard e Manuela impiega solo la prima notte ad abituarsi. Va detto che la prima notte le lenzuola erano indecenti anche per un backpaker navigato, così abbiam dormito vestiti e fatto cambiare le lenzuola il giorno dopo. Va detto anche che ci sono posti che non ti danno le lenzuola. D’altronde qui paghiamo meno di cinque euro in due, con bagno in camera, che spesso in India è un lusso.
Alterno la vita a Pushkar, non considerando la finestra dell’Holi, tra la guest house di fronte, quelli di Barbi e Adi e un bel gruppo di Israeliani con cui lego e la cittadina. Che si declina in un insieme di vie strette e pittoresche. Palazzi dalla tipica architettura Rajasthan percorrono le vie insieme a noi. Mille colori ovunque e usuali per il nord dell’India. Qui dove la cultura è costume fiabesco, qui dove i colori sono parte del respiro.
I sorrisi si sprecano, come le attenzioni per la Prosperosa ragazza al mio fianco che in certi frangenti crea un certo scompiglio. Nonostante sia coperta, le attenzioni sono davvero importanti, talvolta quel tantino esagerate da richiedere un gentile intervento. Pochi mesi fa avrei lanciato pugni rotanti stile mazzinga zeta.
Pushkar è davvero un piccolo gioiello, con una pietra preziosa al suo centro. Il lago di Pushkar, dove si sviluppano i Ghat, sono strepitosi, mozzafiato e molto sacri alla cultura hindu. Pushkar tutta è un luogo sacro, una citta santa. Il luogo ideale per la guerra dei colori. Qui al lago si perpetua quel magico rito che poche città, considerato il tutto, hanno il previlegio di poter annoverare come magici momenti di intrattenimento. La jam session del backpaker. In alcuni posti, turistici, ma turistici dal punto di vista del viaggiatore, non del puro turista, i backpaker si riuniscono per una Jam session che può a volte diventare molto grande, sempre nello stesso posto. Non parliamo della Jam session da ostello-guest house. Parliamo di quella grossa, che avviene al tramonto, più o meno quindi in contemporanea in tutta l’India. O meglio, in quei magici luoghi dove avviene. HO suonato, che per me è un parolone, a Gokarna, sulla spiaggia di Kudli e assistito diverse volte, magari con un Chai in mano, a quelle di Hampi, sulle rocce. Uno dei posti più belli del mondo. Ora qui a Pushkar. Sempre mista quell’aria mistica che circonda queste jam session, si respira musica. Riconosco un volto amico di cui non ricordo il nome. Il ragazzo spagnolo che suona lHang drum, un energia pulita, un sorriso sincero. Ci riconosciamo e ci abbracciamo, al solito, come vecchi fratelli. Succede sempre così qui. Almeno a me succede così. A volte in viaggio condividi pochi minuti e poi li ricordi per sempre, e ti rimangono dentro, e ritornano anche se non hai fatto nulla di importante, anche se non hai detto nulla di importante. Hai condiviso un tipo di energia che non sapevi esistere. Pochi minuti, due parole e ci ricorderemo per sempre. E ci vorremo bene per sempre. E non sappiamo nemmeno come ci chiamiamo. Tutte le volte. Quanti fratelli. Tutti fratelli.

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