lunedì 24 marzo 2014

Calcutta. Iperdescrivibile. La Royal Rumble dei cinque sensi.

4 Marzo

Eccoci a Calcutta, dopo un volo da Chennai. Abbiamo preso la via facile, 35 ore di treno non ci stavano proprio, nemmeno tutti sti soldi per un volo interno, soprattutto considerata la compagnia low cost. Indigo, davvero non low cost.
Calcutta, forse per molti, è quello che non ti aspetti. Pungenti puzze smantellate a destra e a manca, davvero in ogni dove, raggiungono il tuo esofago, il tuo stomaco, i tuoi polmoni straziandoti e colpendoti duro. Così come le immagini. Una quantità di informazioni quasi ingestibile. Caldo, un caldo che quasi strema, e siamo lontanissimi dai picchi di quasi 50 gradi umidi che Calcutta sa regalare. Il caldo, anche forte, almeno questo, lo gestisco alla grande, è pane per i miei denti come si soleva dire tempo addietro. Qui il tutto è mescolato con tutto il resto. Hai il traffico. Traffico assordante di clacson infiniti e decisamente burini. Traffico di macchine rotte, vecchie, improvvisate. Traffico di Rickshaw trainati da riacei anziani dalla pelle sottilissima, secchi come grilli, potenti come trattori. Hai i cani, che sono solo ed esclusivamente randagi. O sono randagi o sono morti. Questi i cani di Calcutta. Hai i bambini, sempre nel traffico con i rickshaw, le macchine, e i cani. I bambini che spuntano ovunque e in ogni momento, rischiando la vita ogni millisecondo. Hai i carrettini vari di cibo e/o bevande non-alcoliche. Mettici anche le mosche, attratte dal putridume. Tutto questo scorre su un insieme di catrame che fa da asfalto, mischiato principalmente a piscio e merda. Merda di cane, di ratto, di piccione e di uomo. Merda che si secca diventa polvere e entra nei tuoi polmoni. Ovviamente va aggiunta una quantità indefinita di plastica, di cartacce, di rifiuti organici e non indefiniti, cani morti, persone morte (che fortunatamente io non ho visto, ma capita), cibo vario.
Poi c’è la cornice del tutto. Il traffico, che è il sangue che scorre su quel pavimento, ma tutto è in una cornice che come il resto, regala solo Calcutta. I palazzi, tutti decadenti, o la stragrande maggioranza, sono incredibilmente belli, per la maggior parte. Residui coloniali del tempo che fu. Palazzi incredibili che mi ricordano Yangon e il mio lavoro proprio su questo argomento. Conservazione degli edifici coloniali. Cosa che andrebbe fatta qui vista la grandezza del problema. Yangon è un piccola percentuale rispetto a quello he Calcutta offre, almeno in termini di quantità, perché onestamente neanche qui ho visto roba come il Secretariat di Yangon. Questi palazzi incredibili è generalmente fatiscenti si stagliano sulle strade declinandosi tra le viuzze, alternati a palazzacci zozzi più moderni. Generalmente decadenti come sopra. I cavi elettrici sembrano essere i nervi di questo organismo. Perché sta città è viva, nel senso è proprio viva. Sanguina, ride, pulsa, urla un sacco. I cavi sono i nervi. Cavi che mi ricordano Budapest, perché fu la prima con questa grande quantità di cavi per aria,  cosa che poi ho visto in numerosi posti. Qui siamo in India. Qui passiamo Pro. I cavi sono qui, tutto il resto è roba da dilettanti. Alla base dei palazzi una moltitudine di esseri viventi sdraiati, mendicanti, chiacchieranti, venditori di cibo, libri, calzini o quello che ti viene in mente di super economico. Non pensate, generalmente, comunque, qui ci sono quelli che si sdraiano, pigri, e chiacchierano. Questo almeno è il cliché del tipico abitante di Calcutta. Sei i Punjabi so i caciaroni, stile Napoli, qui so i pigri, che si sporcano per terra e non hanno voglia di fare un cazzo. Stile solo Calcutta. Loro non fanno talmente nulla che ovviamente non possono avere una casa o altro. Quindi vivono per strada. Fra circa venti milioni di persone a Calcutta (se dai retta ai numeri ufficiali sono un po’ meno, ma vieni a Calcutta e capisci che i non registrati potrebbero essere anche di più), un paio di milioni vivono per strada. Giuro la sera, quando Calcutta si spegne, le stesse strade che erano piene di quelle persone ai bordi dei palazzi, aiutando ad “abbellire” la cornice, sono quelle persone che vivono li. Dormono li e generalmente si lavano li.
Calcutta.
Ti potrebbe venire da vomitare.
Eppure tanta gente la ama. Io sono pazzo di Calcutta, eppure odio il caos a quei livelli. Ragazzi il vero Caos indiano non ha eguali al mondo. Delhi, Calcutta, Bombay. Non ci sono paragoni, altro che ammassi cinesi-giapponesi-filippini. Qui il caos è caldo, unto, urlante, ammalato, contagioso, asfissiante, polveroso e bagnato allo stesso tempo, per non dimenticare sporco, puzzolente, a tratti stupido, irriverente, irrispettoso. Calcutta.
Io vado pazzo per Calcutta. Quattro giorni sono esageratamente pochi per ‘sto posto. Il mercato, forse, più suggestivo della mia vita. Calcutta è un paradiso per un ritrattista, un reportagista, uno street photographer. Non smetteresti mai, dovresti avere quattro camere con quattro lenti fisse per essere vagamente soddisfatto.  C’è troppa roba che è difficile concentrarsi su qualcosa. Ricordiamoci che poi il tutto, dico tute le informazioni da fotografare, sono da fotografare in quella cornice con tutto il resto. Quindi non è nemmeno facile.
Altro grande ruolo lo svolge il cibo da strada, quasi pericoloso, ma con stomaci ed intestini allenati come i nostri, magnetizzando tutta l’energia positiva possibile, facendo reiki al cibo, e alla fine, nemmeno pensandoci troppo, ci buttiamo dentro il cibo da strada in maniera pittoresca. Quasi tuffatori olimpici. E’ una meraviglia per il palato non c’è che dire. Questo ovviamente dopo che il palato si riforma vito che venne trafitto da titaniche flotte di spezie super piccanti. Che i primi tempi hanno effetto caustico che manco la soda. Ci si potrebbero sturare fogne. Infatti qui le fogne fanno schifo come manco ai tempi dei romani, ma funzionano alla grande. Come quelle dei romani appunto.  Tra l’altro per la metà sono a celo aperto.
Potrei scrivere per due o tre anni ininterrotti su Calcutta viste le informazioni.
Butto lì invece che noi siamo stati bene, io sembravo un ragazzino in un negozio di giocattoli commestibili intinti nella cioccolata. Il paradiso. Abbiamo camminato e mangiato molto. Ci siamo persi tra mercati incredibili, con puzze antichissime. Penso che siano puzze protette dall’Unesco. Abbiamo visto un mercato bordo fiume, così intenso e pieno che è stato arduo da attraversare. Eppure ad un certo punto è passato un tir. Brodo fiume, in mezzo al tutto. IO me la ridevo…. Seee E questo do va mo’. Zitto zitto è passato. Dove non passavano nemmeno le persone. Due botte di clacson, tempo alla gente di comprimersi su quello che c’era per comprimersi. Bancarelle di frutta e verdure sollevata o spostate di quei 7 o 8 centimetri per dar spazio giusto giusto alle ruote della bestia. E tutto come prima. Pochi minuti. In India tutto è possibile. Qui i ricchi nella cruna dell’ago ci vanno in groppa al cammello che si ingroppa un cavallo. Tutto dentro una jacuzzi trasportata da un tir. Ve lo giuro in India, i tir sono una cosa a parte.
Non riesco ad andare nel mitico Sonegachi, il mega quartiere a luci rosse. Un quartiere che è più grosso di Pattaya, la città Bordello Thailandese. Barbi ci va con una guida, il giorno dopo la mia partenza. Dice che è una cosa allucinante, sporco, infimo, pericoloso, ladro, brutto e bugiardo. Quindi incredibile. Tornerò.
Calcutta. Immagino la odino quasi tutti. Uno dei posti che mi ha colpito di più in vita mia. Da organizzarci un workshop di street photography. Devo anche tornare per fotografarla. Di più. Molto di più.

Io amo Calcutta.






P.S.
Non si può andare in Bangladesh. Il visto per l'India, lo fanno, ma non si sanno mai i tempi e possono essere lunghi. Devo essere a Pushkar per il 16. Il 17 c'è, l'Holi. Non posso mancare. L aspetto da un anno. Quindi Barbi si libera sulla fascia scattando verso Varanasi e i suoi leggendari Gath. Io rubo il tempo al difensore e mi involo verso Bangkok, dove scarterò abilmente l'ambasciata Indiana (cosa mai semplice), prima di buttarmi in aria, vista l'assenza di una porta in cui segnare. Anzi mi butto in acqua. Torno a Casa. Torno a Koh Tao. 

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