mercoledì 7 settembre 2011

Erass, la sexy city, la favela buona e il tempio



Atterrati già stanchi. Le punture delle cimici da materasso di KL si fanno sentire, e lo faranno ancora per qualche giorno. L’aeroporto di Jogja, Yogja (si può scrivere in mille modi pare) è piccolissimo, un solo nostro per i bagagli e gente d’ogni tipo. C’è addirittura chi ha trasportato taniche d’acqua, ma vi assicuro che a Yogjakarta l’acqua c’è…
Lottiamo un po’ per un posto sull’autobus che ci porterà a Maliboro, la via/zona dove abbiamo appuntamento con Erass, il nostro secondo “amico” di couchsurfing e ancora entusiasti della prima esperienza siamo colmi di speranza.
Arrivati. L’impatto è forte. La casa di Erass e Jimmy, il coinquilino è da hard backpakers. E’ evidente che è una casa che ha una storia, dove sono state spese notti colme di racconti, ma è davvero dura. Appena entri noti una mutanda di una ragazza appesa su un lampadario rotto, a mo’ di trofeo; un bel graffito sul muro; un materassino del Barcellona calcio sporco lurido per terra, nel salone; una cuccia/lettino di un cane che non c’è più; confusione. Il nostro riposo sarà speso con grande nostalgia di Yudi, su un doppio pezzo di gommapiuma messo per terra e la camera è tutta lì: Spartana allo stato puro. Non che questo sia il problema, ci adattiamo tranquillamente, fa tutto parte del gioco. Il problema sta nella zona bagno e cucina, che a chiamarli così si è estremamente gentili e ottimisti. Sembra un posto disabitato, con una lampadina appesa ad illuminare entrambi gli ambienti. LA cucina praticamente non esiste, c’è un lavandino in muratura, mai lavato, una piastra elettrica mezza rotta, il pavimento non c’è (solo gettata di cemento), lo spazio per un eventuale elettrodomestico è ovviamente vuoto e pieno di sporcizia. Il bagno non è nemmeno il tipico indonesiano, c’è solo un lavabo pieno d’acqua, che insieme ad una piccola bacinella con manico serve per lavarsi e una turca. Lo sporco è notevole. Di puzze almeno non ce ne sono. Lo sconforto, ammetto, un po’ sale, anche per via della stanchezza e dello stress portato dal prurito, ma qui è brava Polly a rincuorarmi. Provvederemo domani, anche perché con tutto lo spirito d’adattamento non me la sento di far passare più di una notte qui l’altra parte di me, Polly, che tra l’altro è anche in un periodo in cui un bagno davvero serve, il famoso ventottesimo giorno.
Nonostante questo la serata scorre piacevole con un po’ di birra perché i due ragazzi si scoprono loquaci e simpatici. Erass ci racconta della sua vita, non facile come era intuibile. Perde la mamma appena nato e cresce dove nasce, ovvero a Bali. E’ un artista di Batik e un ballerino: impersona un demone in una danza tipica, per questo ha sempre le unghie lunghe e molto curate, in più collabora con un agenzia di viaggi ed è un guida turistica a Bali, ma preferisce vivere qui nella “sexy city” come la definisce, perché è un posto più ricco di avventure, anche se meno bello della sua Bali. La serata finisce parlando molto di religione: ci spiega profondamente l’induismo, di cui è un grande credente delucidandoci sul fatto che al contrario di come si crede e si studia spesso, non è una religione politeistica, il Dio è uno e tutti gli altri che noi crediamo essere dei (i vari Shiva, Visnu, Brahma, Ganesh, Kali) sono solo dei Lord a servizio di Dio, una sorta di angeli diciamo. Il discorso poi balla confrontando il crisitianesimo, Polly ed io, l’induismo di Erass, e l’islam di Jimmy che scommette di essere il più peccatore dei tre e a dir la verità anche se ancora crede proprio non riesce più a seguire i dettami religiosi, lui crede in Allah, tutto il resto sono solo regole per governare… Sorvoliamo, perché il discorso si fa lungo e su molte cose siamo tutti d’accordo, come lo sono le nostre religioni su alcune storie. Non sapevo assolutamente che nell’induismo Dio caccio l’uomo dal paradiso perché qualcuno mangiò un frutto proibito, ma non era una mela.
La serata come ho detto è scorsa piacevolmente facendoci dimenticare il disagio del luogo e rimandando a domani un eventuale decisione sul da farsi.
Purtroppo la notte non è felice: Noi ci aspettavamo una notte insonne a causa del caldo atroce che invece non c’è. Il problema è la scomodità assoluta di quel giaciglio, che potrebbe passare per una persona sola, ma per due diventa un problema per via della differenza di peso dei due corpi sulla gommapiuma. Più il rumore. Un rumore continuo e fastidioso di macchine dalle 3 in poi, aggiunto a quello della litania musulmana che credo parta qui alle 5 di mattina.
Ci svegliamo con un mal di testa abbastanza sonoro, localizzato e condiviso.
Prepariamo velocemente i bagagli, mentre Jimmy è via e Erass dorme in “salotto”. Trovo un alberghetto appena decente che sembra una regia al confronto per meno di quindici euro la doppia, a notte. Con il motorino affittato la sera prima faccio il trasloco e avverto Erass che ci spostiamo. Utilizzo una scusa vecchia come il mondo: Polly sta poco bene, ha la pressione bassa, sai le donne… Le serve una doccia e del riposo più profondo, ma no amico mio ci sentiamo dopo, magari stasera ok? Tutto ok.

Il giorno dopo andiamo con lo scooter nei pressi del vulcano a visitare i resti dell’eruzione dello scorso anno che è stata alquanto devastante cancellando del tutto un villaggio e massacrandone diversi. L’Eruzione del vulcano di Yogja era sì prevista, ma per un raggio di 5 chilometri, non per i venti effettivi che ha toccato. Il panorama è impressionante, la terra spaccata e visibili sono ancora le venature come fiumi asciutti, dove è passata la lava. Tutti gli alberi spezzati e bruciati. Resti di case dove sopra sono stati disegnati splendidi Murales di ragazzi seduti per terra ritratti di schiena che mi ricordano una gita a Grottaglie, in Puglia. Cenere ovunque. Saliamo con il motorino fino all’ultimo villaggio. Scorgo un fotografo che sta facendo uno shooting con una modella sul ciglio di un dirupo: sicuramente luogo suggestivo, ma lo trovo davvero fuori luogo. Saliamo a piedi un po’, per vedere dove si arriva, con la speranza di poter arrivare sin su alla bocca del vulcano. La vegetazione è ricresciuta in fretta, man mano che si sale girandoti vedi i segni della colata di lava e lo spettacolo è davvero grandioso, mai vista una cosa del genere. Polly si ferma perché il fiato non regge, superato l’ultimo villaggio, quello cancellato, io proseguo per vedere ciò che si può scorgere. Proseguo dieci minuti, abbastanza duri e mi devo fermare, il sentiero, tra gli alberi divelti e la cenere finisce, per proseguire solo vegetazione e cmq da lì servirebbe una guida e non ho nemmeno l’abbigliamento adatto. Mi fermo un attimo per sentire quel silenzio assoluto che pochi luoghi ti possono dare ed è come se sentissi tutta la potenza di un vulcano che dorme, ma da li a un anno tornerà a farsi sentire, tutti sperano e prevedono, comunque, con maggior calma
Si torna a casa e facciamo serata in un locale orrendo, un capannone dove suonano una schifezza di musica dal vivo, annegandoci nella vodka. Polly sale anche sul palco per festeggiare un finto compleanno. Divertente, storie di viaggio. La vodka era indonesiana (ne hanno tantissime) con il succo di Lychee.

Oggi, appunto mercoledì, visitiamo un po’ a sexy city, che in fin dei conti è molto particolare, ma nulla di speciale, anche se certamente è molto caratteristica. Ci immergiamo in un quartiere costruito al ridosso di uno dei fiumi, per raggiungerlo devi letteralmente scendere, il fiume scorre diversi metri più in basso della città e il quartiere è costruito lì. Fossimo in un altro posto nel mondo non sarebbe stato possibile. E’ un quartiere identificabile come una favela Brasiliana, anche se non così fatiscente, o come un Barrio di Caracas. Nemmeno in Italia un quartiere del genere sarebbe accessibile ad un turista con tanto di macchina fotografica senza alcun pericolo. All’inizio ci domandiamo se sia il caso di scendere, perché davvero sembra uno di quei posti elencati. Ragioniamo, siamo in Indonesia, la popolazione più amichevole mai incontrata, mi ricorda cuba. Si scende, nemmeno nascondo la macchina. La gente come al solito ci saluta con bei sorrisi e “Hi mister!”, si fanno fotografare. Passiamo anche all’interno di una scuola elementare fotografando i ragazzini in festa per il passaggio di due “bola”, noi turisti bianchi. I bagni sono tutti in comune, la povertà è tanta, ma tanta è la decenza a dire il vero. Camminiamo poi a ridosso del fiume dove sono stati alzati al volo gli argini incontrando diverse persone, moltissimi galli ruspanti colorati e stupendi. Un gruppo di anziani ci saluta con un "Salamelecum" a cui rispondo prontamente e sorridente "Melecum salam", sperando di non aver errato.  La gita è piacevole e istruttiva, il tempo sembra davvero fermo per questa gente.
Proseguiamo la giornata uscendo dalla città per raggiungere l’antico tempio indù di Prembanan al tramonto, come ci avevano consigliato. Un qualcosa di spettacolare. Avevo visto solo un tempio indù prima, e coloratissimo, su a KL. Questo ha perso i colori nei secoli, ma possiede una magnificenza unica che mi ricorda per costruzione le foto (perché ancora devo arrivare lì) delle antiche città maya.
Domani si parte. Destinazione Bali a caccia di spiagge e sole.

1 commento:

  1. Letto con interesse, come al solito.. e
    ad un certo punto mi sono sorpreso a pensare:
    "cazzo, il posto in comune piu vicino tra me e Gianluca , oltre a roma, è il TajMahal."

    Non quello vero.
    Un ristorante malese in via fonteiana, a monteverde.

    Che tristezza.

    Take care, mate :)

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