sabato 2 aprile 2016

Japan. Osaka. Finalmente il Sol Levante

Giappone.
Finalmente.
Per vita, per viaggio, per cultura e per un amico che non vedo da vent’anni che in qualche modo, per motivi personali, ha influito anche da così lontano alla mia attuale scelta di vita: viaggiare.
Arrivo in Giappone da Hong Kong, dopo 5 giorni li con Gayle, dove ho ritrovato le amiche Nika e Lindsey.
Giappone. E dopo un giorno sono già innamorato perdutamente.
Purtroppo per ora ho solo venti giorni, me li faccio bastare, mi considero fortunato, fortunatissimo.
Innanzitutto arrivo con notte in bianco, un’oretta di riposo sull’aereo. Appena atterrati quasi due ore di coda per l’immigrazione, qualcosa che sicuramente non mi aspettavo dalla grande organizzazione giapponese. Sembrava di stare in Africa, non in Giappone. Poco male, tanto prima delle 5,30 di mattina i treni per la città non partono.
Detto fatto alle sei e mezza di mattina sono in giro per la città. Calma, ancora dormiente, pulita come non credo di aver mai visto nulla. Tutto organizzatissimo, ci sono i parcheggi, privati anche per le biciclette.
Peccato che la Sakura sia in forte ritardo, a causa del freddo, quindi già cambio programma, solo un giorno a Osaka e il giorno dopo Tokyo, dove la fioritura dei ciliegi, Sakura appunto, dovrebbe esser bella pronta.
Mattina in giro per l’interessante Osaka, per iniziare a capire la cultura.
Colazione tipica (che qui sembra esser toast con burro, uovo sodo e caffe filtrato). Ecco, ho già capito che il mio veganesimo andrà a farsi benedire (più che altro a farsi fottere), si torna vegetariani, per emergenza, che già son 4 chili sotto peso. Sono stanchissimo eppure a fine giornata mi ritroverò con venti chilometri a piedi sul groppone, mica male per il primo giorno con due ore di sonno (una in aereo, una in pomeriggio). Cammino che sembro inarrestabile, macino chilometri come lo Shinkasen (i bullet train giapponesi) però alla velocità di una lumaca stanca e ubriaca.
Prima cosa che mi colpisce dopo l’ordine e la pulizia incredibile è l’odore, buonissimo, più o meno ovunque, indefinibile.
L’altra cosa che mi colpisce, ma davvero tanto, è il fatto he la mia mente fa un collegamento stranissimo: Il Giappone mi ha ricordato l’India. L’India?
Come è possibile fare un collegamento tra una delle società più organizzate, tra le più evolute tecnologicamente, tra le più ordinate, precise, pulite, mai viste e l’ India. L’India è probabilmente il posto più sporco del mondo (cancella quel probabilmente!), il più puzzolente nelle grandi città, il più confusionario, caotico, disorganizzato, improvvisato pezzo di terra di Madre Terra.
Eppure hanno un meraviglioso punto in comune: I colori.
Non vi sto a ricordare i colori dell’India che sono nell’immaginario collettivo di ogni essere umano, ma non mi aspettavo qualcosa di simile qui. Tutto è MOLTO colorato. ME ne rendo conto aspettando il treno urbano, mi giro intorno e tutto è a colori, tremendamente a colori. Già solo le scritte per terra, alla stazione, mille informazioni, tutti colori differenti,  alzi gli occhi, tutto super colorato. In parte sembra di essere in un cartone animato, un Anime, come li chiamano i più tecnici.
Fantastico, sento le farfalle nello stomaco come al primo appuntamento, mi sto innamorando.
Non mi aspettavo nemmeno questa grande quantità di giapponesi in Harley-Davidson. Nella mia mente li ho sempre disegnati sulle classiche moto da strada giapponesi. Invece i rombi si sprecano, ma gli allarmi non suonano.
LA giornata passa velocemente, eppure è lunghissima, vedo tantissimo, mangio, vivo, rido e penso a quanto sia stato illuminato quel giorno, anni fa quando dissi, io me ne vado, parto, il mondo è troppo grande per non visitarlo e scoprirlo, 30 anni in una stessa città, dal mio punto di vista, oggi, sono una follia irrimediabile.
Osaka. Grazie anche a te.
Purtroppo il vegetarianesimo dura poco, per essere vegan o vegetariani qui bisogna organizzarsi. In movimento si rischia di non mangiare, che per uno normale, andrebbe anche bene, io sottopeso, con la facilissima tendenza a perder peso alla velocità sempre dei bullet Train (si, sto in fissa coi treni veloci, domani il mio primo verso Tokyo), non posso permettermelo.
Alo gli occhi al cielo, ricorro al vecchio amico pesce, niente frutti di mare, mi limito ai predatori, con un po’ di tristezza nel cuore sento il mio palato gioire e il mio stomaco prepararsi al triste, ma deliziosissimo spuntino di sushi. Tonno crudo. Lo ammetto, è spettacolare, fuori dal mondo. Questo non mi convertirà, è solo emergenza. Ora. Però va così. Purtroppo. Il che non è nemmeno troppo sano, visto che il disastro Fukushima sta massacrando l’oceano e i suoi abitanti, quindi non so quanto poco radioattivo sia ‘sto pesce. MA meglio morire più in là che fra una settimana per fame.
Dopo mangiato trovo il bar più figo della mia vita. Almeno per bere solo, o in due.
Grande non più di due metri per dodici. Aperto oltre 70 anni fa, è un Whiskey bar. Praticamente solo Whiskey, io chiaramente vado per la mia passione, Whiskey Giapponese mi fa impazzire. Siamo solo io e il vecchio barman che mi racconta un po’ di storia di questo che è uno dei più vecchi bar di Osaka, nascosto, romantico, bellissimo.
Concludo quindi meravigliosamente il mio primo giorno nella terra del Sol Levante, col sorriso stampato sulla faccia, negli occhi e nel cuore.

Harigato.

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