Ho pubblicato i video. Alla fine poco raccontano effettivamente
del viaggio. Quindi butto giù due righe, per un po’di cronaca.
Con Manu partita io avevo un idea di andare a Cittogaraph,
per il forte, ma passo soltanto, il posto non mi piace, do una veloce occhiata
al forte e continuo dritto per Udaipur. In autostrada vengo accostato da un
indiano in Enfield, non capisco lo saluto e accelero. Lui mi segue per chilometri,
poi rallento e ascolto. Mi correva dietro per darmi un biglietto da visita.
Guddu, proprietario dell'Haveli Pushkar Palace di Udaipur. Alloggio li, mi
trovo benissimo, Udaipur è un altro gioiello del Rajasthan. Conosco Sasha,
giapponese mezza americana Con cui condividerò un po’ di viaggio e un feeling
poco più che platonico, ma si viaggerà bene insieme. Qui a Udaipur devo fare un
piccolissima riparazione alla moto, cambiare una rondella perché perde un po’
benzina. 100 rupie, potevo farlo da solo… Dopo 6 giorni a Udaipur ci muoviamo
per Jodhpur, la città blu, ma facciamo una notte di sosta, prima passando per
Kumbhalgar, dove c’è un bel forte e le sue mura costituiscono le mura più
lunghe al mondo dopo la grande muraglia. Da li Ranakpur, la mattina seguente per
visitare un meraviglioso tempio Jain, e via verso Jodhpur. Bel viaggio, bela
panorama, bei volti. Grande Rajasthan.
Jodhpur, altra posto incantevole. Di Jodhpur quello che è
immancabile è lo strepitoso forte, punto storico importantissimo viste le vicende
tra Merwar e Moghul in passato, e almeno una vista della città da un punto alto
per capire perché la chiamano la citta blu. Stanza e guest house, condivisi con
Sasha, sono bellissime. Sasha è un bella ragazza, una bella persona ed una
brava scrittrice, quindi penso che le farò scrivere un paio di articoli per le
mie foto, visto che il mio inglese per un articolo professionale, non è
sufficiente. Al forte mi faccio leggere la mano da un tipo che sembra un
professionista. Suggerito da una vecchia amica di scuola. Ci vado incuriosito
per un arte che mi piacerebbe imparare. Lui non legge la sinistra, lui legge la
mano che tu usi. Quindi la mia destra. A livello di personalità azzecca tutto,
pauroso. Magari tutto quello che ero e che per fortuna in parte non sono più.
Per quanto riguarda passato presente ci becca poco con me, qualche cantonata
clamorosa, ma alla fine è un esperienza da cui ho imparato qualcosa.
Jaisalmer. Jaislamer è qualcosa che personalmente ha
rischiato di farmi venire la sindrome di Stendhal. Ho versato lacrime, di
nascosto, nel passeggiare all’interno di questo forte. Per mio gusto, per il
momento emotivo in cui ero in quei giorni, quel posto è stato incredibile per
me. Contando che non mi aspettavo assolutamente qualcosa del genere. Un forte
vivo, con 3000 persone che vivono e lavorano all’interno di questa struttura
che ha 800 anni e che è ancora lì incredibilmente magnifica, in mezzo al
deserto, con i suoi lavori di scultura chirurgica in ogni facciata di templi,
palazzi, Haveli. Ogni terrazzo, finestra e lavorato in maniera minuziosa. Tutto
giallo oro. Tutto i forte e tutto fuori da l forte. E poi i il lago, bello come
quello di Pushkar e forse di più. Jaislamer è uno dei posti costruiti dall’uomo
più belli della mia vita. Come la pagoda di Yangon, i templi di Angkor Wat,
Roma ovviamente, Istanbul. Ci sta pure Jaislamer, altro che.
Una notte nel deserto, che certo non è il Sahara, e la mia
amica Sasha non è il grande amore che avevo al tempo, ma il deserto, con tanto
di dune è sempre il deserto e se posso
una notte all’addiaccio sotto quelle stelle non la perdo. Quindi Cammello, che
al solito è un dromedario non un cammello, ma pare sia una distinzione che non
interessa più a nessuno. Come dire che blu Marlin e pesce spada sono al stessa cosa.
Comunque….
Ci separiamo qui, lei va a Pushkar io dritto a Jaipur con
tappa a Nagaur, perché 600 chilometri me sembrano troppo e perché a Nagaur pare
ci sia un altro bellissimo forte. Così sarà, tra l’altro visita ad un
interessante mercato e storiella da raccontare. La cosa divertente è che mi
ritrovo con catena della moto rotta, proprio dopo i 330 km d istrada che
portano a Nagaur. La catena si spezza a 200 metri dal meccanico. Quando si dice
culo. Diciamo che ormai magnetizzo un bel po’ di energia positiva.
Il giorno dopo mi sveglio finalmente presto per partire,
perché il caldo del Rajasthan nelle ore centrali sfiora ora i 42 gradi e
qualcosa. Meglio partire massimo per le sette e mezza. Sta di fatto che il boss
ha deciso che aprirà l’albergo pare alle 8. Cosa? Io sono imprigionato in
albergo? Cioè mi state sequestrando? Dopo una mezz’ora di scampanate, suonate
con a moto, urla per svegliare qualcuno… Niente. Decido. Butto giù il cancello
e che lo spirito di Van Damme, Bruce Lee e Commando entrino nei miei piedi e
nelle mie spalle perché è un cancello di ferro. Però siamo in india, alla fine
quanto può esser serio quel cancello. Infatti. Due calci ben piazzati che
qualche amico definirebbe uramawashigheri, se ricordo i nomi giapponesi. E giù.
Ripeto, non sono io, è un cancello indiano. Parto per le 7 e 40 alla fine. Non
che abbia guadagnato molto in fattore tempo.
Jaipur, la città rosa è una bella delusione. Se arrivi per
la prima volta in India, qui, magari ti piace. CI sono sempre i volti indiani che
sono fantastiche storie da osservare, ma la città rosa in sé è un’effettiva
delusione. Il palazzo del Maharaja è si
bello, ma nulla di speciale considerate le meraviglie del Rajasthan, ma questa
è la mia realtà, realtà di un occhio europeo cresciuto a Roma. A me il palazzo,
lascia indifferente, l'Amber forte è bello, ma qui in Rajasthan sono abituato
ad altro. Poi c’è il cannone su ruote più grande del mondo. Ha sparato due
volte ha un gettito di quasi 30 chilometri e la legenda vuole che chi accenda
il cannone per sparare deve esser nato sordo… Bello, mi spiace dirlo, non
impressionante.
A Udaipur si era rotto lo schermo del computer, dopo una
mezza odissea e una rapina a mano armata eseguita dalla Apple che prima ha
rifiutato una assistenza in garanzia e poi mi ha fatto pagare quasi metà del Mac
di nuovo, riesco a riprendere di nuovo il mio Mac, qui a Jaipur e mi chiudo a
casa a lavorare perché tra i giorni in ritardo che avevo accumulato e questi 15
di scatti in Rajasthan senza computer… Mi servono tre giorni da 12 ore l’uno
per mettermi a paro con gli articoli e le foto.
Da qui Parto per Agra con sosta a Abaneri, dove si trova uno delle
costruzioni più magnifiche dell’uomo. Altro che Taj Mahal o il pushkarani e i
templi di Hampi, qui troviamo il Chand Baori. Costruito come Pushkarani, ovvero
una buca a sezione quadrata, con un interminabile scalinata che sembra
geometria sacra. Generalmente queste sono costruzioni per raccogliere l’acqua e
servire templi o zone circostanti, in passato. Questo invece è stato costruito
con il tempio nel centro, è qualcosa di imperdibile ed è pazzesco che
pochissimi siano a conoscenza di questo posto, che l’Unesco non lo consideri
nemmeno. Roba che non c’è biglietto di ingresso e… dovrei farvi vedere le foto
per farvi capire di quello di cui sto parlando. Comunque… Agra, poi.
Agra come è noto è un posto invivibile e inguardabile. Ci si
va per il Taj Mahal e si scappa. Arrivo alle 5, alle 6 e 30 sono al Taj, alle 7
sono fuori. Il Taj è ovviamente molto bello, ma è il colpo d’occhio che regala
attraverso porte e giardini disegnati apposta. La struttura è bella, ma di per
se estremamente semplice, come fosse uno di quei palazzi che all’Eur a Roma
chiamiamo Templi. Semplice e praticamente vuoto all’Interno. Ecco non voli in
India per il Taj, perché solo in India ci sono cento cose più belle, però se ci
sei è bene fare una visita.
E la mattina dopo prestissimo via, cercando di arrivare il
più vicino possibile alla Parvati Valley.
Beh parto alle 6,30. Scelgo di fare l’unica vera autostrada
per ora presente in India. La Agra Delhi. Tutte le altre, anche la maestosa
strada che taglia tutta l’india a metà non è
più che una pericolosa superstrada. Sta di fatto che il tempo mi è
avverso e ci metto un bel po’ per uscire da Agra, per via di pioggia, casino e
segnaletica che spesso è montata sbagliata. Considero di arrivare in meno di
tre ore a Delhi ce ne metto 4 e mezza. Prendo la grandine e mi devo fermare in
mezzo all’autostrada e scavalcare le recinzioni per entrare in una fattoria
dove mi scaldano dando fuoco a della merda di vacca essiccata. Grandine, in
India, quando ieri faceva 39 gradi ed à la stagione secca.
Poi arrivi a Delhi che è l’inferno e solo per passare Delhi,
senza davvero entrare perdo altre due ore. Tiro dritto e inizio a vedere
incidenti, tir rovesciati, qualche morto. LA guida in India è pazzesca. E’
tutto pericoloso. Le regole non esistono e l’intelligenza non è alle stelle.
Non si sa come dopo 11 ore arrivo quindi a Cittogaraph. Che mi aspettavo
interessante invece è un cittadina moderna, dove non c’è nulla, dove i
quartieri sono chiamati block 1, block 2 etc… e per loro sarebbe un progetto di
città moderna. Un incubo post moderno. E pure costosa.
Ovviamente la mattina seguente scappo per il terzo giorno di
fila in moto, mi aspettano 300 chilometri, di cui 23 di vera montagna indiana.
Parto alle 8 arrivo poco prima delle 5. LA strada da fare è una delle cose più
complicate della mia vita. Una perché so stanco, oggi chiuderò la mia 3 giorni
con quasi 1100 chilometri all’attivo. Chilometri India. Se pensate che la
Salerno Reggio sia un autostrada pericolosa, sappiate che non esiste qualcosa
di così sicuro in questa parte del mondo,
forse a parte la Agra Delhi (che però non ha un benzinaio in 230 km e i
benzinai sono l'unica cosa che in india praticamente non è mai un problema,
surrealismo indiano).
Svito la testa alla morte, nettamente almeno una vota, forse
due in questi ultimi 3 giorni e 1100 chilometri. La mia Arteha Ganesh va
benissimo. Considerati i 34 anni di servizio. Arrivo nella valle del Paravati e
mi fermo un po’ il Rajasthan è stata un’altra grande esperienza. Questi tre
giorni di viaggio, idem. Ora ci rilassiamo tra le tette di Mamma Parvati. Il
suo latte si chiama Charrua.
Ora sono qui inattesa di fare un po' di trekking, ozio da 15
giorni, dapprima con un gruppo di amici israeliani , ora con una nuova compagna
di viaggio, tedesca, immagino anticamente sia stata una ninfa. Comunque
un’altra rinnegata di Atlantide. La prima per me come amante.
Intanto qui a Kasol il tempo scorre e preparo nuovi progetti…
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