sabato 17 maggio 2014

Aggiornamento. Introduzione alla Parvati Valley.

Ho pubblicato i video. Alla fine poco raccontano effettivamente del viaggio. Quindi butto giù due righe, per un po’di cronaca.
Con Manu partita io avevo un idea di andare a Cittogaraph, per il forte, ma passo soltanto, il posto non mi piace, do una veloce occhiata al forte e continuo dritto per Udaipur. In autostrada vengo accostato da un indiano in Enfield, non capisco lo saluto e accelero. Lui mi segue per chilometri, poi rallento e ascolto. Mi correva dietro per darmi un biglietto da visita. Guddu, proprietario dell'Haveli Pushkar Palace di Udaipur. Alloggio li, mi trovo benissimo, Udaipur è un altro gioiello del Rajasthan. Conosco Sasha, giapponese mezza americana Con cui condividerò un po’ di viaggio e un feeling poco più che platonico, ma si viaggerà bene insieme. Qui a Udaipur devo fare un piccolissima riparazione alla moto, cambiare una rondella perché perde un po’ benzina. 100 rupie, potevo farlo da solo… Dopo 6 giorni a Udaipur ci muoviamo per Jodhpur, la città blu, ma facciamo una notte di sosta, prima passando per Kumbhalgar, dove c’è un bel forte e le sue mura costituiscono le mura più lunghe al mondo dopo la grande muraglia. Da li Ranakpur, la mattina seguente per visitare un meraviglioso tempio Jain, e via verso Jodhpur. Bel viaggio, bela panorama, bei volti. Grande Rajasthan.
Jodhpur, altra posto incantevole. Di Jodhpur quello che è immancabile è lo strepitoso forte, punto storico importantissimo viste le vicende tra Merwar e Moghul in passato, e almeno una vista della città da un punto alto per capire perché la chiamano la citta blu. Stanza e guest house, condivisi con Sasha, sono bellissime. Sasha è un bella ragazza, una bella persona ed una brava scrittrice, quindi penso che le farò scrivere un paio di articoli per le mie foto, visto che il mio inglese per un articolo professionale, non è sufficiente. Al forte mi faccio leggere la mano da un tipo che sembra un professionista. Suggerito da una vecchia amica di scuola. Ci vado incuriosito per un arte che mi piacerebbe imparare. Lui non legge la sinistra, lui legge la mano che tu usi. Quindi la mia destra. A livello di personalità azzecca tutto, pauroso. Magari tutto quello che ero e che per fortuna in parte non sono più. Per quanto riguarda passato presente ci becca poco con me, qualche cantonata clamorosa, ma alla fine è un esperienza da cui ho imparato qualcosa.
Jaisalmer. Jaislamer è qualcosa che personalmente ha rischiato di farmi venire la sindrome di Stendhal. Ho versato lacrime, di nascosto, nel passeggiare all’interno di questo forte. Per mio gusto, per il momento emotivo in cui ero in quei giorni, quel posto è stato incredibile per me. Contando che non mi aspettavo assolutamente qualcosa del genere. Un forte vivo, con 3000 persone che vivono e lavorano all’interno di questa struttura che ha 800 anni e che è ancora lì incredibilmente magnifica, in mezzo al deserto, con i suoi lavori di scultura chirurgica in ogni facciata di templi, palazzi, Haveli. Ogni terrazzo, finestra e lavorato in maniera minuziosa. Tutto giallo oro. Tutto i forte e tutto fuori da l forte. E poi i il lago, bello come quello di Pushkar e forse di più. Jaislamer è uno dei posti costruiti dall’uomo più belli della mia vita. Come la pagoda di Yangon, i templi di Angkor Wat, Roma ovviamente, Istanbul. Ci sta pure Jaislamer, altro che.
Una notte nel deserto, che certo non è il Sahara, e la mia amica Sasha non è il grande amore che avevo al tempo, ma il deserto, con tanto di dune è  sempre il deserto e se posso una notte all’addiaccio sotto quelle stelle non la perdo. Quindi Cammello, che al solito è un dromedario non un cammello, ma pare sia una distinzione che non interessa più a nessuno. Come dire che blu Marlin e pesce spada sono al stessa cosa. Comunque….
Ci separiamo qui, lei va a Pushkar io dritto a Jaipur con tappa a Nagaur, perché 600 chilometri me sembrano troppo e perché a Nagaur pare ci sia un altro bellissimo forte. Così sarà, tra l’altro visita ad un interessante mercato e storiella da raccontare. La cosa divertente è che mi ritrovo con catena della moto rotta, proprio dopo i 330 km d istrada che portano a Nagaur. La catena si spezza a 200 metri dal meccanico. Quando si dice culo. Diciamo che ormai magnetizzo un bel po’ di energia positiva.
Il giorno dopo mi sveglio finalmente presto per partire, perché il caldo del Rajasthan nelle ore centrali sfiora ora i 42 gradi e qualcosa. Meglio partire massimo per le sette e mezza. Sta di fatto che il boss ha deciso che aprirà l’albergo pare alle 8. Cosa? Io sono imprigionato in albergo? Cioè mi state sequestrando? Dopo una mezz’ora di scampanate, suonate con a moto, urla per svegliare qualcuno… Niente. Decido. Butto giù il cancello e che lo spirito di Van Damme, Bruce Lee e Commando entrino nei miei piedi e nelle mie spalle perché è un cancello di ferro. Però siamo in india, alla fine quanto può esser serio quel cancello. Infatti. Due calci ben piazzati che qualche amico definirebbe uramawashigheri, se ricordo i nomi giapponesi. E giù. Ripeto, non sono io, è un cancello indiano. Parto per le 7 e 40 alla fine. Non che abbia guadagnato molto in fattore tempo.
Jaipur, la città rosa è una bella delusione. Se arrivi per la prima volta in India, qui, magari ti piace. CI sono sempre i volti indiani che sono fantastiche storie da osservare, ma la città rosa in sé è un’effettiva delusione. Il palazzo del Maharaja  è si bello, ma nulla di speciale considerate le meraviglie del Rajasthan, ma questa è la mia realtà, realtà di un occhio europeo cresciuto a Roma. A me il palazzo, lascia indifferente, l'Amber forte è bello, ma qui in Rajasthan sono abituato ad altro. Poi c’è il cannone su ruote più grande del mondo. Ha sparato due volte ha un gettito di quasi 30 chilometri e la legenda vuole che chi accenda il cannone per sparare deve esser nato sordo… Bello, mi spiace dirlo, non impressionante.
A Udaipur si era rotto lo schermo del computer, dopo una mezza odissea e una rapina a mano armata eseguita dalla Apple che prima ha rifiutato una assistenza in garanzia e poi mi ha fatto pagare quasi metà del Mac di nuovo, riesco a riprendere di nuovo il mio Mac, qui a Jaipur e mi chiudo a casa a lavorare perché tra i giorni in ritardo che avevo accumulato e questi 15 di scatti in Rajasthan senza computer… Mi servono tre giorni da 12 ore l’uno per mettermi a paro con gli articoli e le foto.  Da qui Parto per Agra con sosta a Abaneri, dove si trova uno delle costruzioni più magnifiche dell’uomo. Altro che Taj Mahal o il pushkarani e i templi di Hampi, qui troviamo il Chand Baori. Costruito come Pushkarani, ovvero una buca a sezione quadrata, con un interminabile scalinata che sembra geometria sacra. Generalmente queste sono costruzioni per raccogliere l’acqua e servire templi o zone circostanti, in passato. Questo invece è stato costruito con il tempio nel centro, è qualcosa di imperdibile ed è pazzesco che pochissimi siano a conoscenza di questo posto, che l’Unesco non lo consideri nemmeno. Roba che non c’è biglietto di ingresso e… dovrei farvi vedere le foto per farvi capire di quello di cui sto parlando. Comunque… Agra, poi.
Agra come è noto è un posto invivibile e inguardabile. Ci si va per il Taj Mahal e si scappa. Arrivo alle 5, alle 6 e 30 sono al Taj, alle 7 sono fuori. Il Taj è ovviamente molto bello, ma è il colpo d’occhio che regala attraverso porte e giardini disegnati apposta. La struttura è bella, ma di per se estremamente semplice, come fosse uno di quei palazzi che all’Eur a Roma chiamiamo Templi. Semplice e praticamente vuoto all’Interno. Ecco non voli in India per il Taj, perché solo in India ci sono cento cose più belle, però se ci sei è bene fare una visita.
E la mattina dopo prestissimo via, cercando di arrivare il più vicino possibile alla Parvati Valley.
Beh parto alle 6,30. Scelgo di fare l’unica vera autostrada per ora presente in India. La Agra Delhi. Tutte le altre, anche la maestosa strada che taglia tutta l’india a metà non è  più che una pericolosa superstrada. Sta di fatto che il tempo mi è avverso e ci metto un bel po’ per uscire da Agra, per via di pioggia, casino e segnaletica che spesso è montata sbagliata. Considero di arrivare in meno di tre ore a Delhi ce ne metto 4 e mezza. Prendo la grandine e mi devo fermare in mezzo all’autostrada e scavalcare le recinzioni per entrare in una fattoria dove mi scaldano dando fuoco a della merda di vacca essiccata. Grandine, in India, quando ieri faceva 39 gradi ed à la stagione secca.
Poi arrivi a Delhi che è l’inferno e solo per passare Delhi, senza davvero entrare perdo altre due ore. Tiro dritto e inizio a vedere incidenti, tir rovesciati, qualche morto. LA guida in India è pazzesca. E’ tutto pericoloso. Le regole non esistono e l’intelligenza non è alle stelle. Non si sa come dopo 11 ore arrivo quindi a Cittogaraph. Che mi aspettavo interessante invece è un cittadina moderna, dove non c’è nulla, dove i quartieri sono chiamati block 1, block 2 etc… e per loro sarebbe un progetto di città moderna. Un incubo post moderno. E pure costosa.
Ovviamente la mattina seguente scappo per il terzo giorno di fila in moto, mi aspettano 300 chilometri, di cui 23 di vera montagna indiana. Parto alle 8 arrivo poco prima delle 5. LA strada da fare è una delle cose più complicate della mia vita. Una perché so stanco, oggi chiuderò la mia 3 giorni con quasi 1100 chilometri all’attivo. Chilometri India. Se pensate che la Salerno Reggio sia un autostrada pericolosa, sappiate che non esiste qualcosa di così sicuro in questa parte del mondo,  forse a parte la Agra Delhi (che però non ha un benzinaio in 230 km e i benzinai sono l'unica cosa che in india praticamente non è mai un problema, surrealismo indiano).
Svito la testa alla morte, nettamente almeno una vota, forse due in questi ultimi 3 giorni e 1100 chilometri. La mia Arteha Ganesh va benissimo. Considerati i 34 anni di servizio. Arrivo nella valle del Paravati e mi fermo un po’ il Rajasthan è stata un’altra grande esperienza. Questi tre giorni di viaggio, idem. Ora ci rilassiamo tra le tette di Mamma Parvati. Il suo latte si chiama Charrua.
Ora sono qui inattesa di fare un po' di trekking, ozio da 15 giorni, dapprima con un gruppo di amici israeliani , ora con una nuova compagna di viaggio, tedesca, immagino anticamente sia stata una ninfa. Comunque un’altra rinnegata di Atlantide. La prima per me come amante.

Intanto qui a Kasol il tempo scorre e preparo nuovi progetti…

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