Il 3 Marzo rientro in Thailandia. Terza volta, questa sarà solo per quindici giorni perché il regno ti concede un mese senza visto se entri via aria, quindici giorni via terra.
Chang Rai per cominciare. Una città che non mi aspettavo, io
m’aspettavo poco più d’un paese. Quindi rimango un po’ deluso perché di fare
trekking e visitare eventuali cascate ora davvero non ne ho voglia, ancor meno
Polly, quindi ci fermiamo solo due giorni dove ci raggiunge Riccardo, vecchia
conoscenza di Miami. Ci rincontriamo dopo due anni più o meno esatti e
decidiamo di proseguire verso Pai. Il posto che attendo di più di tutta questa
parte della Thailandia. Me ne sono innamorato, grazie ai discorsi di
viaggiatori che ne sono rimasti incontrati quando ero a Don Det, in quel locale
che si chiama Pai in Lao.
Immancabile a Chang Rai è il White Temple. Un complesso Wat, tempio
buddhista, completamente bianco, estremamente arzigogolato nella sua
composizione in puro stile thailandese. L’impatto con tutto questo bianco è
forte e bellissimo. Moderno e incantevole, una vera opera d’arte contemporanea
lascia spazio a un paio di centinaia di mani in gesso che escono dal suolo,
come fossero di dannati all’inferno, introno all’ingresso del tempio. L’interno
è paradossale. Sui muri è quasi finito un grande murales stile fumetto che
credo voglia raccontare la vita attuale dell’umanità tramite la produzione holliwoodiana
e giapponese. Un grande dipinto quindi, nel tempio, racchiude le torri gemelle
in fiamme e doraemond. Neo di The Matrix e Sailor moon; Terminator, Osama Bin
Laden, Alien, Batman e tanta altra roba che proprio non t’aspetti in un tempio.
Rimango piacevolmente impressionato. Vale per tutti e tre, Riccardo, Polly ed
io. Il ritorno in albergo è frutto di un piacevole autostop, un pick up nero si
ferma e ci accompagna, per quello che almeno ufficialmente è il primo autostop
del viaggio. Sento che devo farne altri.
Pai è incantevole. Pai è piacevole ed è vero quello che si dice, è
facile rimanere bloccati qui, una ragazza che abbiamo conosciuto è ferma già da
un anno, in un posto che effettivamente non ha nulla di sensazionale. C’è un Canyon,
il Black Canyon, nulla di speciale purtroppo, anche se ho visto gente parlarne
in maniera entusiasta… bah! ci sono delle hotspring (più o meno le nostre
terme), belle, rilassanti, c’è da fare passeggiate, si sono cascate vicino.
Insomma un bel posto, ma non particolarmente affascinante, è l’aria che si respira
qui che è differente. Qui si sta bene, ma bene sul serio, ti potresti fermare a
lungo senza far nulla, è un po’ la sensazione che ho provato a Gili Air e a Don
Det, con l’unica differenza che qui manca l’acuqa, mare o fiume e dopo un po’
io do di matto. Abbiam praticamente bruciato la nostra “wild card”, i nostri
giorni a disposizione qui, piacevolmente, tra passeggiate, the allo zenzero e
nuovi amici e vecchi… Altra splendida sorpresa rincontrare Dror, lasciato a
Thakek. Questa volta in compagnia della ragazza.
Proviamo il non troppo lontano Mae Hong song, che non ci stupisce per
il fatto che è iniziata la stagione in cui si bruciano tutte le foglie, da qui
al nord del Laos. Ed è una nebbia senza fine che avvolge il giorno e la notte e
per quasi un mese non si vedrà nulla, la situazione è più tranquilla, intendo
meno nebbiosa, in posti come Pai, forse perché più aperti, ma qui è davvero
impossibile. Arriviamo in giornata e si dorme; il mattino seguente, Riccardo ed
io affittiamo il motorino e partiamo subito per uno dei villaggi Karen, dove si
trovano i longneck, le donne dal collo allungato per via degli anelli estensori
che le fanno assomigliare a donne giraffa. E’ una tradizione che in vero si
stava perdendo, infatti nei villaggi non sono molte le donne che portano questa
decorazione, qualcuna più anziana e qualcuna giovane. Questo perché il turismo
esploso negli ultimi anni nella zona ha spesso richiesto la visita di questi
villaggi. Quindi è possibile andare facilmente in uno dei tre villaggi Karen,
ma bisogna pagare un biglietto d’ingresso per non vedere assolutamente la vita
del villaggio, bensì una serie di bancarelle per turisti e lì c’è qualche donna
dal collo lungo. Turistico appunto, per me va bene perché mi servivano solo
qualche foto ritratto di costoro, ammetto che aver avuto anche un piccolo
reportage all’interno del villaggio sarebbe stato ancor più interessante, ma
non è possibile, un reportage di un posto così turistico non ha senso di
esistere. Il turismo in questo caso non ha rovinato il posto, perché il
villaggio stesso si è evoluto ben prima del crescente turismo, ma bensì ha almeno salvato una tradizione, un
costume che si stava perdendo.
Nel tragitto verso Bangkok, dove lasceremo per un bel po’ la
Thailandia, ci fermiamo a Chang Rai, giusto due giorni, una notte. Un’occhiata
in giro, ma come dicevo, non essendo interessati al momento al trekking, siamo
pienamente soddisfatti di questa decisione. Giù a Bangkok, per terminare alcune
faccende, comprare poche cose, ritirate il pacco lasciato in custodia,
riabbracciare la mia chitarraccia da viaggio: E’ stata la prova definitiva, mai
più in viaggio senza chitarra.
La Thailandia è un paese in cui tornerò ancora, per vedere un altro
po’ e per terminare, credo, il percorso che mi farà diventare divemaster, aprendo altre porte nel
corridoio della mia vita.
Questo nazione, questo regno, è di un’accoglienza senza limiti.
Abbraccia tutti: “Benvenuti”, sembra dire a qualsiasi volto metta piede sulla
sua terra, “Rispettate la mia tradizione, i miei cittadini, anche se talvolta
possono essere… Particolari. Vivete come volete e qui potreste essere voi
stessi e potrete scandire il vostro
tempo a piacimento, senza tutte quelle regole, quei dogmi che vi hanno
cucito addosso.”
Dopo un viaggio aereo di due ore per Kuala Lumpur, dove dormiamo 8 ore in aeroporto e poi altre 8 di volo per Brisbane, finalmente abbracciamo la non tanto voluta terra dei canguri.
Brisbane. Una città che cresce da diversi anni il 5% l'anno, vuol dire che se sei venuto 7 o 8 anni fa, nonostante tu abbia visto la maggior parte della sua struttura (ponti, fiume, palazzi), hai oggi di fronte un'altra città, soprattutto per quanto riguarda la vita.
L'impatto più forte è quello economico, qui la vita costa più che in Europa (ma almeno si guadagna circa il triplo). Appena scesi tra metro che ci porta in città a autobus ci partono 40 dollari e ci prende un infarto, noi con 30 ci facevamo un'abbondante giornata con tanto di notte e pasti e alcool.
Ospiti di un couchsurfer di quasi sessant'anni, Jacques, che ne dimostra dieci in meno fisicamente e non più della mia età di testa: Si diventa subito amici. Jacques è un buon fotografo e dopo poco collaboreremo un po' insieme scambiandoci trucchi del mestiere. La storia di Jacques è favolosa, ma sua privata, non sto qui a raccontarla, è solo un uomo che nella vita ha fatto tantissimo, campione di volo acrobatico, fotografo, ha una sua piccola azienda. Un uomo dalle molteplici capacità, davvero affascinante.
Le prime tre settimane a Brisbane sono abbastanza piatte, perché la città va conosciuta, è in espansione, non ancora "pronta", ma interessante e con il clima perfetto pe vivere. Non c'è l'inverno, nel senso che in pieno inverno la temperatura, nel momento più freddo, di giorno difficilmente scende sotto i venti gradi, e parliamo di un lasso temporale davvero breve. Il loro autunno ha la temperatura della nostra primavera più calda. E' magnifico, è veramente vicino al mare, più o meno come Roma, ma qui vicino hai tutta la Gold coast, che andrò a vedere a breve, forse proprio domani (pasquetta).
So che la città che mi piacerebbe di più, almeno per ora è Melbourne, la città dell'arte, ma inconcepibile a livello atmosferico, quattro stagioni in un giorno, dicono, per equivale all'inferno, quindi sarò sol ospite per non più di una settimana, più in la. Ho scelto Brisbane per al prospettiva, per il clima e per la vicinanza alla Gold Coast, a Byron Bay. Intanto per questi 3 mesi, che non passerò tutti qui, abbiamo affittato una stanza in una splendida villa con giardino. Zona residenziale, noi abbiamo cercato qualcosa di più centrale, ma con scarso successo. Vediamo un po' cosa ha da raccontarmi questa terra di koala, surfer e canguri. By the way, la carne di canguro è davvero buona.